Pubblicato il 21-10-2013

Sul regime della prescrizione per il reato di guida in stato d'ebbrezza.

A seguito delle intervenute modifiche degli artt. 157 e 160 c.p. ad opera della L. 251/2005 l’estinzione del reato di guida in stato d’ebbrezza opera dopo il trascorrere di un tempo superiore a quanto era stabilito nel regime previgente.

Si rilevi, inoltre, che a seguito dell’intervenuta L.120/2010 la responsabilità penale non può essere contestata per la guida in stato d’ebbrezza di cui alla lett. a) dell’art. 186 C.d.S., vale a dire l’ipotesi di tasso alcolemico compreso tra 0,5 e 0,8 grammi per litro (g/l), indi per cui tale illecito amministrativo resta al di fuori dell’istituto prescrittivo de quo.

Premesso che il regime più favorevole al reo, di cui alla disciplina precedente alla riforma, troverà applicazione nei soli casi in cui il fatto di reato sia stato commesso prima della data di entrata in vigore della nuova disciplina, e sempre che a tale data il procedimento penale fosse già in corso, ne consegue che negli altri casi le contravvenzioni dovranno rispettare un termine minimo di prescrizione pari a quattro anni. Tale termine sarà elevabile a cinque anni in presenza di atti interruttivi, quale la notifica del decreto penale di condanna. Questa conclusione risulta facilmente evincibile dal combinato disposto degli artt. 157 comma 1, 160 comma 3 e 161 comma 2 c.p., come expressis verbis affermato nella sentenza ivi pubblicata.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MORGIGNI Antonio - Presidente

Dott. CAMPANATO Graziana - Consigliere

Dott. ROMIS Vincenzo - Consigliere

Dott. FOTI Giacomo - Consigliere

Dott. BRICCHETTI Renato - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

difensore di V.G., nato a (OMISSIS);

avverso la sentenza pronunciata in data 11 luglio 2007 dalla Corte di appello di Milano;

udita in Pubblica udienza la relazione del Consigliere Dott. Renato BRICCHETTI;

sentite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del S. Procuratore Generale Dott. BUA Francesco, che ha chiesto dichiararsi l'inammissibilità del ricorso.

Motivi della decisione

3. Preliminare ad ogni altra considerazione è il rilievo della sopravvenuta estinzione del reato per prescrizione.

L'impugnata sentenza va, pertanto, annullata senza rinvio.

3.1. Va premesso che il ricorso non è inammissibile.

Il ricorrente ha, invero, con il secondo motivo, ragionevolmente censurato il ricorso da parte dei giudici di merito a mere clausole di stile per giustificare la determinazione della pena - base (in particolare, di quella detentiva: quindici giorni di arresto, a fronte del massimo edittale di un mese e del minimo di cinque giorni exart. 25 c.p.).

Nella specie, il riferimento alla "rilevanza e pericolosità" della condotta tenuta dall'imputato appare, oltre che generico, ingiustificato, in considerazione del tasso alcolemico accertato e della concreta condotta di guida tenuta.

E, comunque, in tema di determinazione della pena è insegnamento costante di questa Corte (cfr., ex plurimis, Cass. 6, 18 novembre 1999, Baragiani, RV 217333) che il giudice, quanto più intenda discostarsi dal minimo edittale, tanto più ha il dovere di dare ragione del corretto esercizio del proprio potere discrezionale, indicando "specificamente" quali tra i criteri, oggettivi o soggettivi, enunciati dall'art. 133 c.p. siano stati ritenuti rilevanti ai fini di tale giudizio, e di evitare il ricorso a mere clausole di stile.

3.2. Esclusa l'inammissibilità del ricorso, va ricordato che il D.L. 3 agosto 2007, n. 117 ha introdotto (con l'art. 5) modificazioni delle disposizioni che delineano la fattispecie contravvenzionale di guida in stato di ebbrezza (D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, art. 186, comma 2).

In particolare, il D.L. n. 117 del 2007 ha introdotto tre diverse ipotesi di reato lett. a), b) e c) del nuovo comma 2 ed aveva così diversificato, in base alla gravità della violazione, le relative pene:

- in caso di tasso alcolemico superiore a 0,5 grammi per litro, ma non a 0,8): ammenda da 500,00 a 2000,00 Euro e arresto fino ad un mese;

- in caso di tasso superiore a 0,8 grammi per litro, ma non a 1,5:

ammenda da 800,00 a 3.200,00 Euro ed arresto fino a tre mesi, con possibilità, a richiesta dell'imputato, di sostituire la pena (anche quella pecuniaria) con l'obbligo di svolgere un'attività sociale gratuita e continuativa presso strutture sanitarie traumatologiche pubbliche per un periodo da due a sei mesi;

- in caso di tasso superiore a 1,5 grammi per litro: ammenda da 1.500,00 a 6.000,00 Euro ed arresto fino a sei mesi, con possibilità di sostituzione della pena con l'obbligo di cui sopra per un periodo da sei mesi ad un anno.

La L. 2 ottobre 2007, n. 160 ha, poi, convertito in legge il decreto, apportandovi modificazioni.

Per quanto interessa il caso in esame in cui il tasso alcolemico è risultato inferiore a 0,8 grammi per litro, è mutato il trattamento sanzionatorio della contravvenzione di "prima fascia" nel senso che il legislatore ha soppresso la previsione dell'arresto (la pena edittale è divenuta quella dell'ammenda da 500,00 a 2.000,00 Euro).

La nuova più favorevole disposizione sanzionatoria entra, naturalmente, nell'orbita dell'art. 2 c.p., comma 4, ed è destinata, in particolare ad applicarsi ai procedimenti in corso in cui sia stato accertato il tasso alcolemico sopra indicato, nonchè in quelli in cui la prova dello stato di ebbrezza sia fondata sulle sole circostanze sintomatiche riferite dagli agenti accertatori (cfr. sul punto Cass. 4, 11 aprile 2008, P.G. in proc. Scanziani, non massimata).

Soltanto per completezza va aggiunto che la legge di conversione ha mutato anche il trattamento sanzionatorio delle contravvenzioni di seconda e terza fascia nel senso che è stata soppressa la possibilità di sostituire la pena, a richiesta dell'imputato, con l'obbligo di svolgere un'attività sociale gratuita e continuativa presso strutture sanitarie traumatologiche pubbliche.

3.3. Ciò premesso, ritiene la Corte che il tempo necessario a prescrivere per la contravvenzione come delineata dalla nuova norma incriminatrice (applicabile in via retroattiva al fatto, in forza dell'art. 2 c.p., comma 4), punita con la sola ammenda, sia da determinarsi, in considerazione degli atti interruttivi, in anni tre, ai sensi dell'art. 157 c.p., comma 1, n. 6 e art. 160 c.p., comma 3, c.p., nei testi anteriori alle modifiche apportate dalla L. 5 dicembre 2005, n. 251, entrata in vigore il successivo 8 dicembre.

A seguito della favorevole mutatio legis, il termine di prescrizione deve ritenersi decorso il 25 giugno 2007, in epoca anteriore alla sentenza d'appello, pronunciata l'11 luglio 2007.

Va precisato, peraltro, che la Corte di appello mai avrebbe potuto dichiarare l'estinzione del reato perchè, non essendo ancora intervenuta la menzionata modificazione, il termine di prescrizione - da individuarsi in quello triennale previsto dall'art. 157 c.p., comma 1, n. 5, per le contravvenzioni punite con pene, detentiva e pecuniaria, congiunte, incrementato della metà, quindi di un anno e sei mesi, per l'incidenza degli atti interruttivi - non era ancora maturato.

3.4. L'applicabilità degli artt. 157 e 160 c.p., nei testi anteriori alle modifiche apportate dalla L. 5 dicembre 2005, n. 251, è giustificata dalla legge medesima.

L'art. 10, comma 2, prevede, invero, che le nuove disposizioni in materia di prescrizione (contemplate nell'art. 6 della legge) non si applichino ai procedimenti in corso al momento di entrata in vigore della legge stessa qualora i nuovi termini di prescrizione risultino più lunghi di quelli previgenti. E detta norma rileva nel caso di specie perchè:

- il fatto è stato commesso prima della data di entrata in vigore della nuova disciplina della prescrizione;

- a tale data il procedimento era in corso;

- i nuovi termini di prescrizione delle contravvenzioni sono, comunque, più lunghi di quelli previgenti essendo stato fissato un minimo inderogabile di quattro anni (art. 157 c.p., comma 1), elevabile a cinque ("un quarto del tempo necessario a prescrivere") in presenza di interruttivi (art. 160 c.p., comma 3, in relazione all'art. 161 c.p., comma 2).

Appare corretta, pertanto, l'applicazione della disciplina previgente, segnatamente del "vecchio" art. 157 c.p., mantenuto "in vita" dalla volontà del legislatore.

Ed è tale vitalità che ne consente l'applicazione anche nel caso in cui la norma incriminatrice del tempo in cui fu commesso il reato sia soppiantata da altra più favorevole al reo, sia per il trattamento sanzionatorio, sia per il regime prescrizionale.

L'applicazione è necessariamente modulata, ai fini dell'individuazione del termine di prescrizione, sulla classe di gravità cui è riconducibile la nuova norma incriminatrice.

Quest'ultima, invero, "disciplina" il fatto in virtù del principio, che regola la successione delle leggi penali, dell'applicazione della legge più favorevole al reo, fra tutte quelle che si siano eventualmente succedute dal momento in cui il fatto è stato commesso sino al passaggio in giudicato della sentenza.

3.5. Per concludere va rilevato che non sono riscontrabili, nella decisione impugnata, elementi di giudizio idonei a riconoscere la prova evidente dell'innocenza dell'imputato, nè, in generale, l'incontrovertibile insussistenza del fatto.

Nella sentenza impugnata sono contenute anzi - come si è visto (supra 1.1) - valutazioni di segno opposto.

In ogni caso, in punto di affermazione di responsabilità, il primo motivo del ricorso è caratterizzato dall'oggettiva inconsistenza della base giuridica delle censure, tra l'altro genericamente formulate.

E' sufficiente osservare che il ricorrente neppure individua le lacune del verbale di accertamento che non avrebbero consentito alla Corte di merito di valutare l'attendibilità del testimone.

La stessa genericità contrassegna il secondo profilo del motivo, che ignora totalmente le argomentazioni contenute nel provvedimento censurato in punto di regolarità, pur in presenza di un volume insufficiente di aria immessa, dell'avvenuta rilevazione.

Per contro, i giudici di merito hanno fornito adeguata motivazione all'affermazione di responsabilità, desumendola sia dalle dichiarazioni rese in dibattimento dagli agenti accertatori, sia dai risultati del test alcolimetrico.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata senza rinvio perchè il reato è estinto per prescrizione.

Così deciso in Roma, il 16 settembre 2008.

Depositato in Cancelleria il 10 ottobre 2008

 

A cura dell’Avv. Pietro Carlo Ferrario e del Dr. Giuseppe Aramini – Studio Legale Associato Lucarelli & Ferrario

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