Pubblicato il 28-01-2012

Casi di legittimo utilizzo delle apparecchiature elettroniche da parte delle forze d'Ordine.

La Suprema Corte ribadisce in questa pronuncia che gli Organi addetti al controllo della sicurezza in tema di circolazione stradale, per l’accertamento di eventuali violazioni del Codice della Strada, possono servirsi dell’ausilio di apparecchiature elettroniche solo se l’infrazione sia commessa su autostrade o su strade extraurbane principali, in conformità anche a quanto previsto dal decreto legge n. 121 del 2002.

Nel ribadire ciò conferma che l’unica eccezione a tale regola generale può riscontrarsi laddove mediante decreto prefettizio siano individuate le strade extraurbane secondarie nelle quali non risulti difficoltoso fermare l’automobilista da parte degli Organi accertatori.

La ratio, infatti, sottesa all’acconsentire l’utilizzo di apparecchiature elettroniche di norma solo sulle strade a scorrimento veloce è proprio quella costituita dalla circostanza che solo per questa categorie di strade risulta problematico una contestazione immediata dell’infrazione, sempre permanendo l’obbligo di avvisare gli automobilisti della sottoposizione a controllo elettronico della velocità di quel tratto di strada che i medesimi si apprestino a percorrere.

In conclusione la Corte afferma che è viziato da illegittimità per violazione di legge quel rilevamento a distanza della velocità che sia effettuato su strada extraurbana secondaria non rientrante fra quelle che specifico decreto prefettizio individui come di scorrimento veloce.

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE

SEZIONE II CIVILE

Sentenza 15 novembre 2011 n. 23882

Svolgimento del processo - Motivi della decisione

Il giudice di pace di Castrovillari il 7 febbraio 2007 annullava il verbale di accertamento di violazione dell'art. 142 C.d.S., a carico di V.V., relativo a infrazione stradale rilevata il 19 luglio 2006 con apparecchiatura elettronica. L'appello proposto dal comune di Frascineto veniva rigettato dal Tribunale di Castrovillari con sentenza 23 luglio 2008. Il tribunale affermava che infondatamente il comune sosteneva che ai fini della omessa contestazione dell'infrazione erano irrilevanti le caratteristiche della strada in cui era avvenuto il rilevamento, non potendo essere installati gli apparecchi elettronici di rilevazione una strada extraurbana secondaria quale quella percorsa dal V.

Riteneva inoltre, in accoglimento dell'appello incidentale dell'opponente, che il provvedimento sanzionatorio fosse viziato, perchè la (OMISSIS), assoggettata a diversa denominazione ( (OMISSIS)), non era stata inclusa, con opportune modifiche o integrazioni, nell'elenco di strade già individuate dal decreto prefettizio n. 46/027/PAT prot del 5 febbraio 2003.

Il Comune di Frascineto ha proposto ricorso per cassazione, notificato il 12 ottobre 2009. L'opponente è rimasto intimato.

E' stata disposta la redazione di sentenza in forma semplificata.

Il ricorso espone due motivi: con il primo il Comune lamenta violazione dell'art. 201 C.d.S., comma 1 bis, lett. F, e sostiene che l'uso dei meccanismi di rilevazione a distanza a distanza della velocità rende legittimo l'accertamento.

Con il secondo motivo il Comune denuncia violazione del D.Lgs. n. 285 del 1992, art. 2, della L. n. 121 del 2002, art. 4, della L. n. 2248, art. 5, all. E del 1865, relativo alla pretesa disapplicazione del decreto prefettizio. Questo secondo motivo si conclude con il seguente quesito: "quali sono i limiti entro i quali è consentito al giudice ordinario disapplicare un atto amministrativo?" Il quesito viene posto specificando, al termine del motivo, che la censura va nel senso dell'integrale riforma della sentenza, avendo il giudice ordinario inteso disapplicare l'atto amministrativo sotto il profilo del merito e non della legittimità, violando i limiti di cui alla L. n. 2248 all. E del 1865, art. 5.

Conviene soffermarsi inizialmente su questo motivo, potendosi immediatamente rilevare che esso è inammissibile a causa della erronea formulazione del quesito di diritto.

Il quesito di diritto di cui all'art. 366 bis c.p.c., deve compendiare: a) la riassuntiva esposizione degli elementi di fatto sottoposti al giudice di merito; b) la sintetica indicazione della regola di diritto applicata da quel giudice; c) la diversa regola di diritto che, ad avviso del ricorrente, si sarebbe dovuta applicare al caso di specie (Cass. 19769/08).

Pertanto deve essere formulato, ai sensi dell'art. 366 bis c.p.c., in termini tali da costituire una sintesi logico-giuridica della questione, così da consentire al giudice di legittimità di enunciare una "regula iuris" da applicare nel caso concreto (Cass. 9477/09; Su 7433/09).

Ne consegue che deve essere dichiarato inammissibile il ricorso nel quale il quesito di diritto prescinda del tutto dalla fattispecie concreta rilevante nella controversia, sì da non porre il giudice di legittimità in condizione di comprendere, in base alla sola sua lettura, l'errore di diritto asseritamente compiuto dal giudice di merito e di rispondere al quesito medesimo enunciando una "regula iuris" (SU 7433/09).

Nel caso di specie manca ogni riferimento alla fattispecie, nè è possibile comprendere come il quesito possa assumere rilevanza ai fini della decisione e chiarire l'errore di diritto imputato alla sentenza impugnata in relazione alla concreta controversia (SU 7197/09).

L'inammissibilità del secondo motivo comporta l'inammissibilità del ricorso.

Va infatti osservato che la decisione del tribunale si fonda su doppia articolazione della ratio decidendi, costituita dalla affermazione sia della necessità della contestazione immediata qualora gli strumenti di rilevamento a distanza della velocità vengano utilizzati sulle strade non ricomprese nell'elenco di legge o in un decreto prefettizio, sia dalla errata qualificazione della strada de qua, non avente le caratteristiche per essere considerata strada urbana di scorrimento.

In tal modo la decisione del tribunale, che rilevava peraltro una illegittima determinazione dell'elenco stradale, in quanto non conforme alle previsioni normative relative alle strade assoggettate controlli elettronici, resta intangibile.

Questa ratio della sentenza, non idoneamente criticata, è infatti sufficiente a reggere la decisione.

Va aggiunto, a corollario, che la stessa proposizione di questo secondo motivo rende ragione (per la sostanziale inconciliabilità delle due censure) della palese infondatezza del primo motivo, ove esaminabile, se interpretato nel senso che mirava ad affermare, in ogni caso, la validità del rilevamento a distanza nel quale venga omessa la contestazione immediata e dunque la superfluità della classificazione delle strade a questo fine.

Trattasi di ipotesi interpretativa manifestamente contraria alla normativa vigente in tema di controllo remoto senza la presenza diretta dell'operatore di polizia, la quale prevede appunto al D.L. 20 giugno 2002, n. 121, art. 4, (convertito, con modificazioni, nella L. 1 agosto 2002, n. 168) che sia demandata al prefetto l'individuazione delle strade (o di singoli tratti di esse), diverse dalle autostrade o dalle strade extraurbane principali, nelle quali non è possibile il fermo di un veicolo, ai fini della contestazione immediata delle infrazioni.

La sentenza del tribunale di Castrovillari, che a pag. 4 della sentenza ha espresso sostanzialmente questi concetti, va dunque confermata.

In mancanza di costituzione dell'intimato, non v'è luogo per la liquidazione delle spese di lite.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

A cura dell’Avv. Pietro Carlo Ferrario e del Dr. Giuseppe Aramini – Studio Legale Associato Lucarelli & Ferrario
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