Pubblicato il 22-11-2010

Ebbrezza - Area di servizio ad uso pubblico - anche in orario di chiusura al pubblico si applica il codice della strada e, di conseguenza, risponde dell'art. 186 cds il conducente sorpreso in stato di ebbrezza

Corte di Cassazione Penale sez. IV 22/11/2010 n. 41050

 

(omissis)

1) La Corte d'Appello di Firenze, con sentenza 9.11.2009, ha confermato la sentenza 7.11.2008 del

Tribunale di Lucca, sezione distaccata di Viareggio, che aveva condannato xy alla pena ritenuta di

giustizia per il reato di cui all'art. 186 comma 2 del codice della strada commesso in ….

La Corte ha ritenuto infondata la tesi dell'appellante secondo cui, essendosi egli limitato a

movimentare il veicolo all'interno di un area di servizio, non potrebbe configurarsi l'ipotesi

contestata ravvisabile solo quando l'agente si immetta nel flusso della circolazione.

2) Contro la sentenza di secondo grado ha proposto ricorso l'imputato il quale ha dedotto un unico

motivo denunziando l'inosservanza o erronea applicazione della legge penale nonché il vizio di

motivazione. Secondo il ricorrente erroneamente la Corte di merito avrebbe ritenuto che l'area di

servizio costituisse luogo aperto al pubblico trattandosi, al contrario, di area tempora neamente non

aperta al pubblico.

Con memoria depositata alla pubblica udienza il difensore dell'imputato ha chiesto,

subordinatamente all'accoglimento del ricorso, la dichiarazione di estinzione del reato per

prescrizione.

3) Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile in quanto manifestamente infondato e proposto

per motivi non consentiti nel giudizio di legittimità.

Va anzitutto rilevato che il ricorrente non riprende la tesi, ritenuta priva di alcuna conferma dalla

Corte d'appello, secondo cui l'area in cui è stato sorpreso a guidare era delimitata da catene ma

ripropone la versione della non apertura al pubblico dell'area, circostanza che non consentirebbe di

ipotizzare il reato in esame.

Ma questa tesi contrasta irrimediabilmente con l'accertamento fattuale compiuto dai giudici di

merito. In particolare la sentenza impugnata ha accertato che l'area dove l'imputato è stato sorpreso

a guidare l'autovettura che aveva parcheggiato nella medesima area (ulteriore conferma dell'uso

pubblico seppur dovesse ritenersi che in quel luogo esistesse un divieto di parcheggiare) era

soggetta al passaggio di veicoli e pedoni e perciò, non dovendosi fare riferimento alla proprietà ma

all'uso dell'area, doveva ritenersi provata l'esistenza del reato.

Che questo sia il criterio cui occorre fare riferimento, al fine di accertare l'applicabilità delle norme

del codice della strada, risulta in modo inequivocabile dall’articolo 2 comma 1 del codice della

strada che fa riferimento, per definire il concetto di strada ai fini de ll'applicazione delle norme del

codice, all'uso pubblico dell'area perchè destinata alla circolazione dei pedoni, dei veicoli e degli

animali.

È dunque incensurabile nel giudizio di legittimità l'uso pubblico dell'area in questione che i giudici

di merito hanno fondato, con adeguata e certo non illogica motivazione, sulla circostanza che l'area,

anche nell'orario di chiusura del distributore di benzina, era destinata all'uso pubblico ed in

particolare al transito e al parcheggio dei veicoli e al passaggio dei pedoni (come del resto

confermato, lo si ribadisce, dall'uso fattone dal ricorrente).

4) La natura originaria delle cause di inammissibilità non consente di dichiarare l'estinzione del

reato a seguito della prescrizione che sarebbe maturata dopo la sentenza di appello: v. Cass., SSUU

22 novembre 2000 n. 32, …, rv. 217266.

Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso conseguono le pronunzie di cui al dispositivo.

Con riferimento a quanto statuito dalla Corte costituzionale nella sentenza 13 giugno 2000 n. 186 si

rileva che non si ravvisano ragioni per escludere la colpa del ricorrente nella determinazione della

causa di inammissibilità ai fini della condanna al pagamento di una somma a favore della cassa

delle ammende in considerazione della palese violazione delle regole del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione, Sezione IV penale, dichiara inammissibile il ricorso e condanna il

ricorrente al pagamento delle spese processuali.

(omissis)