Pubblicato il 04-05-2011

Sulla responsabilità dell'Anas ex art. 2051 c.c.

L’ente pubblico proprietario di una strada aperta al pubblico transito assume una qualitas di custode da cui ne deriva la conseguenza che esso è l’unico soggetto in grado di esplicare un potere di sorveglianza riguardo alla medesima.

Tale potere comporta che l’ente pubblico-custode debba adottare tutte le misure necessarie affinché la struttura della strada che ha in custodia non presenti anomalie e/o inadeguati strumenti di protezione.

L’ente pubblico, nella fattispecie de qua trattasi di Anas s.p.a., per non incorrere nella responsabilità ex art. 2051 c.c., dovrà dimostrare di non aver potuto far nulla per evitare il danno e che la situazione che provoca il danno si è determinata in maniera improvvisa o per esclusiva colpa del danneggiato.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MORELLI Mario Rosario - Presidente

Dott. SPAGNA MUSSO Bruno - Consigliere

Dott. ARMANO Uliana - rel. Consigliere

Dott. DE STEFANO Franco - Consigliere

Dott. SCARANO Luigi Alessandro - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 1202/2009 proposto da:

V.G. (OMISSIS), P.M. (OMISSIS), V.S. (OMISSIS), V.D. elettivamente domiciliati in ROMA, presso CANCELLERIA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall'avvocato VISCONTI DARIO, con studio in 67100 L'Aquila Via XX Settembre n. 19, giusta delega a margine del ricorso;

- ricorrenti -

contro

ANAS SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso gli UFFICI DELL'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, da cui è difeso per legge;

- controricorrenti -

avverso la sentenza n. 939/2007 della CORTE D'APPELLO di L'AQUILA, Sezione Civile, emessa il 16/10/2007, depositata il 20/11/2007;

R.G.N. 1095/2003;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 21/01/2011 dal Consigliere Dott. ULIANA ARMANO;

udito l'Avvocato DARIO VISCONTI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. PATRONE Ignazio, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso.

Svolgimento del processo

Il Tribunale dell'Aquila rigettava la domanda proposta da P. M. e dai suoi figli V.R., V.G. e V.S., volta ad ottenere la condanna dell'ANAS al risarcimento dei danni conseguenti al sinistro stradale nel quale era deceduto V.C., rispettivamente loro coniuge e padre, e che essi attribuivano a colpa dell'ANAS ex art. 2051 c.c. per aver posizionato lungo la strada un guard-rail in maniera errata e pericolosa.

Deducevano che V.C., mentre percorreva alla guida del suo autoveicolo la (OMISSIS), aveva perso il controllo dell'automezzo ed era andato ad urtare contro il guard-rail posto sul margine destro della carreggiata; per effetto dell'urto la lamiera era penetrata all'interno dell'abitacolo ed aveva trapassato il V., procurandone il decesso.

La Corte di Appello dell'Aquila rigettava il gravame, confermando la decisione di primo grado.

Avverso detta sentenza proponevano ricorso per Cassazione P. M. e i suoi figli V.R., V.G. e V.S. sorretto da cinque motivi.

Resisteva con controricorso l'ANAS.

Motivi della decisione

La sentenza della Corte di Appello dell'Aquila ha escluso l'applicabilità della responsabilità ex art. 2051 c.c., ritenendo che l'estensione delle strade di cui l'ANAS doveva curare la manutenzione su scala nazionale era tale da non consentire l'esercizio di una vigilanza continua sull'intera rete. Valutando la fattispecie alla luce dei principi di cui all'art. 2043 c.c., ha ritenuto che non vi fosse alcuna responsabilità dell'ANAS in quanto il guard-rail non costituiva insidia o trabocchetto, in quanto era posto al di fuori della carreggiata, parallelamente alla sede stradale ed era ben visibile e rispettoso della normativa vigente.

La Corte di Appello ha affermato che, sia che si ritenesse applicabile la responsabilità ex art. 2051 c.c., che quella dell'art. 2043 c.c., la responsabilità dell'ANAS doveva essere comunque esclusa in presenza di una condotta abnorme dell'utente, che era stata causa esclusiva del verificarsi dell'evento dannoso.

E' necessario esaminare congiuntamente il primo e terzo motivo del ricorso per la loro evidente connessione.

Con il primo motivo di ricorso viene dedotta violazione dell'art. 2051 c.c., e dell'art. 115 c.p.c., in relazione all'art. 360, n. 3, ed omessa e contraddittoria motivazione sul punto.

Secondo i ricorrenti la Corte di Appello aveva erroneamente escluso l'applicabilità dell'art. 2051 c.c., con una motivazione di stile senza accertare se nel caso concreto vi era l'impossibilità di sorveglianza e solo in relazione alla strada, dovendo invece valutare se tale norma era applicabile nell'ipotesi in cui l'evento era dipeso dalla cosa in sè in relazione alla funzione da svolgere, tenendo conto che il guard-rail, sradicatosi dalla strada, era penetrato come una lancia nell'autovettura, recidendo l'arteria femorale del V. e provocandone la morte.

Con il terzo motivo di ricorso viene dedotta la violazione degli artt. 2051, 2043 e 1127 c.c., in relazione all'art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, in quanto la Corte di Appello avrebbe attribuito l'esclusiva efficienza causale dell'evento all'abnorme condotta di guida del conducente dell'auto, senza valutare la condizione di oggetti va pericolosità derivante dalla "res" che avrebbe richiesto, in corrispondenza di quel tratto, apprestamenti idonei ad evitare in caso di incidente la penetrazione del guardrail nell'autovettura.

I due motivi sono fondati.

Infatti la più recente giurisprudenza di questa Corte (Cass., 25.7.2008, n. 20427) ha superato, il precedente indirizzo, secondo il quale l'art. 2051 c.c., è applicabile nei confronti della P.A., per le categorie di beni demaniali quali le strade pubbliche, solamente quando, per le ridotte dimensioni, ne è possibile un efficace controllo ed una costante vigilanza da parte della P.A., tale da impedire l'insorgenza di cause di pericolo per gli utenti (Cass. 26 settembre 2006, n. 20827; Cass. 12 luglio 2006, n. 15779; Cass. 6 luglio 2006, n. 15383). Si è affermato il diverso principio secondo il quale la responsabilità da cosa in custodia presuppone che il soggetto al quale la si imputi sia in grado di esplicare riguardo alla cosa stessa un potere di sorveglianza, di modificarne lo stato e di escludere che altri vi apporti modifiche. S'è precisato in tal senso: a) che per le strade aperte al traffico l'ente proprietario si trova in questa situazione una volta accertato che il fatto dannoso si è verificato a causa di una anomalia della strada stessa - ed a maggior ragione per un'anomalia relativa agli strumenti di protezione istallati; b) che è comunque configurabile la responsabilità dell'ente pubblico custode, salvo che quest'ultimo non dimostri di non avere potuto far nulla per evitare il danno; c) che l'ente proprietario supera la presunzione di colpa quando la situazione che provoca il danno si determina non come conseguenza di un precedente difetto di diligenza nella sorveglianza della strada, ma in maniera improvvisa, atteso che solo quest'ultima - al pari della eventuale colpa esclusiva dello stesso danneggiato in ordine al verificarsi del fatto - integra il caso fortuito previsto dall'art. 2051 c.c., quale scriminante della responsabilità del custode. Si ritiene, in sintesi, che agli enti pubblici proprietari di strade aperte al pubblico transito è in linea generale è applicabilel'art. 2051 c.c., in riferimento alle situazioni di pericolo immanentemente connesse alla struttura o alle pertinenze della strada, indipendentemente dalla sua estensione (Cass. 29 marzo 2007, n. 7763;

Cass. 2 febbraio 2007, n. 2308; Cass., 3.4.2009, n. 8157). Nel caso di specie la Corte di Appello ha errato nel non ritenere ricorrente nella specie la responsabilità ex art. 2051 c.c. in quanto, secondo la prospettazione della domanda, si trattava di un danno relativo ad una anomalia relativa alle barriere di protezione della strada, in relazione alle quali l'ente pubblico era in grado si esercitare il potere di sorveglianza e di adottare tutte le possibili soluzioni per evitare il danno, in quanto era perfettamente a conoscenza sia del tipo di protezione adottato che delle modalità di installazione dello stesso. Il terzo motivo di ricorso contesta l'affermazione con cui la Corte di Appello ha attribuito la esclusiva efficienza causale dell'evento alla condotta di guida abnorme del conducente.

Anche tale motivo è fondato.

A tale proposito deve osservarsi che la funzione del guard-rail è quella di impedire al conducente di uscire fuori di strada e tale funzione ovviamente è correlata a tutte quelle condotte di guida la cui conseguenza sarebbe quella per l'autovettura di uscire fuori della carreggiata di sua competenza. Quindi la funzione del guard- rail è ontologicamente quella di evitare che qualsiasi condotta di guida non regolare possa portare l'autovettura a pericolose uscite fuori dalla sede stradale.

Rispetto a tale funzione,non può essere considerata condotta abnorme quella del conducente che impatta violentemente contro il guard- rail,il quale è funzionalmente posto ad attutire le conseguenza degli impatti violenti.

Alla luce di tale considerazioni compito del giudice dovrà essere quello di valutare, tenendo conto degli accertamenti fattuali da cui risulta che il guard-rail dopo l'urto dell'autovettura si era ritorto in modo tale da penetrare nella stessa come una lama, se tale barriera,per la sua struttura e per il suo posizionamento rispetto alla carreggiata, era adeguata o meno ad assolvere la sua funzione di protezione e se, in tale prospettazione, la condotta del conducente abbia avuto una efficienza causale esclusiva ed autonoma tale da vincere la presunzione di responsabilità gravante sul custode.

Il terzo motivo di ricorso, con sui si contesta la valutazione negativa della Corte di appello in ordine alla natura di insidia del guard-rail correlata all'ipotesi di responsabilità extracontrattuale ex art. 2043 c.c., il quarto motivo relativo alla valutazione delle prove testimoniali ed il quinto sul regolamento delle spese, sono assorbiti dall'accoglimento del primo e terzo motivo di ricorso.

La sentenza va cassata con rinvio alla Corte di Appello dell'Aquila che valuterà la fattispecie alla luce dei principi sopraesposti.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso nei limiti di cui in motivazione. Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di cassazione, alla Corte di Appello dell'Aquila in diversa composizione.

 

A cura dell’Avv. Pietro Carlo Ferrario e del Dr. Giuseppe Aramini – Studio Legale Associato Lucarelli & Ferrario

 

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