Sui presupposti per l'accertamento del reato di guida in stato d'alterazione psico-fisica determinato dall'assunzione di sostanze psicotrope o stupefacenti.
La Corte di Cassazione chiarisce ancora una volta - trattasi infatti di indirizzo costante - che per la configurabilità del reato di cui all’art. 187 C.d.S., vale a dire “guida in stato d’alterazione psico-fisica determinato dall’assunzione di sostanze”, sono necessari due requisiti:
a) l’assunzione di sostanze stupefacenti;
b) la guida in stato d’alterazione causato da tale assunzione.
L’accertamento tecnico-biologico operante in questa duplice direzione dovrà provare che il soggetto alla guida si trovi in uno stato tale da non ritenersi metabolizzata la sostanza stupefacente, essendo a tal fine maggiormente indicativa un’analisi operata sul sangue piuttosto che sulle urine.
La Corte precisa, infine, che può benissimo riscontrarsi il reato de quo in quei soggetti che pur non in stato d’intossicazione, intendendosi per tale “uno stato morboso, acuto o cronico, dovuto all'azione svolta sull'organismo da sostanze di per sé stesse nocive”, siano, tuttavia, in stato di alterazione, appunto, cui fa riferimento l'art. 187 del C.d.S., che richiede l'accertamento di “uno stato di coscienza semplicemente modificato dalla assunzione di sostanze stupefacenti, e non necessariamente coincidente con la intossicazione”.
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE IV PENALE
Sentenza 27 marzo – 4 maggio 2012, n. 16895
(Presidente Sirena - Relatore Bianchi)
Ritenuto in fatto
- A.L. è stato chiamato a rispondere dei reati di cui all'art. 589 cod.pen. per aver investito alle ore 3,30 del (OMISSIS) il pedone T.M., cagionandone la morte, e per quello di cui all'art. 187 del codice della strada per essersi messo alla guida del suo veicolo in stato di alterazione psicofisica correlata all'uso di sostanze stupefacenti (cannabinoidi e cocaina).
- A seguito di giudizio celebrato con rito abbreviato, il gup lo condannava alla pena di giustizia per l'omicidio colposo e lo assolveva dalla contravvenzione rilevando che il referto del pronto soccorso escludeva espressamente resistenza di segni clinici di attuale intossicazione da alcol o da sostanze stupefacenti, attestando lo stato di coscienza integro dell'A.
- A seguito di appello del Procuratore Generale, la Corte di appello di Brescia, in parziale riforma, riteneva invece l'imputato colpevole anche del reato di cui all'art. 187 e lo condannava alla pena di tre mesi di arresto e 1600,00 Euro di ammenda e la sospensione della patente di guida per sei mesi. La Corte rilevava che nei confronti dell'imputato era stato effettuato non solo l'analisi delle urine ma anche l'analisi del sangue, entrambi con esito positivo alla cocaina e ai cannabinoidi; l'esito dell'esame delle urine era irrilevante in quanto la positività a tale test è indicativa di una assunzione di sostanze stupefacenti che può anche essere pregressa di molti giorni, con una variabilità che dipende dalle molecole assunte. In esito alle analisi del sangue, l'imputato era risultato positivo sia con il test di screening eseguito con metodica EMIT (Enzyme Muitiplied Immunoassay Technique) che con il test di conferma eseguito con metodica GC/MS (cioè mediante gas cromatografo accoppiato a spettometro di massa) che aveva evidenziato una concentrazione nel sangue dei metaboliti della cocaina in misura parti a 252 ng/ml, a fronte di un valore soglia di 50 ng/ml. Tale rilevante concentrazione dimostrava, ad avviso della Corte, l'attualità della alterazione che costituisce elemento costitutivo della fattispecie.
- Avverso tale sentenza ha presentato ricorso per cassazione il difensore dell'imputato. Con un primo motivo deduce violazione di legge sostenendo che la decisione sembra confondere la condotta di guida in stato di alterazione con quella di guida sotto l'effetto, per di più presuntivo, di sostanze stupefacenti; secondo la corte d'appello il reato sarebbe integrato per il solo fatto delle analisi biologiche evidenzianti valori, più o meno significativi, ancorché il medico curante del pronto soccorso, all'esame clinico del paziente, avesse affermato che lo stesso non appariva in stato di intossicazione da sostanze; la corte di appello ha superato tale affermazione affermando che la guida in stato di alterazione sarebbe cosa diversa e minore rispetto ad una condotta di guida in stato di intossicazione da stupefacenti. Con questa distinzione, sostiene il ricorrente, si introduce una palese ed erronea interpretazione della norma; allorché sia accertato, come nel presente caso è stato accertato, che un soggetto all'esame clinico appaia lucido, ben orientato spazio-temporalmente e che non presenti evidenze sintomatiche di intossicazione da assunzione di sostanze stupefacenti, è quanto meno fortemente dubbia l'integrazione della fattispecie contravvenzionale; secondo un'interpretazione ragionevole della norma è infatti evidente che l'intossicazione deve ritenersi coincidente con la alterazione; inoltre non sarebbe dimostrata l'attualità della alterazione. In ogni caso il ricorrente chiede l'annullamento della sentenza per mancanza della certezza della responsabilità, sottolineando che la situazione probatoria era tale comunque da escludere che si potesse ritenere raggiunta la certezza della dell'alterazione per effetto di sostanze stupefacenti.
Considerato in diritto
- Il ricorso non merita accoglimento. Occorre premettere che secondo la più attenta e recente giurisprudenza di questa Corte (sez. IV 11.6.2009 n.41796, 11.8.2008 n. 33312 rv. 241901) il reato di cui all’art. 187 del codice della strada integrato dalla condotta di guida "in stato d'alterazione psico-fisica determinato dall'assunzione di sostanze" e non già dalla mera condotta di guida tenuta dopo l'assunzione di sostanze stupefacenti, sicché ai fini del giudizio di responsabilità, è necessario provare non solo la precedente assunzione di sostanze stupefacenti ma che l'agente abbia guidato in stato d'alterazione causato da tale assunzione. Ai fini dell'accertamento del reato è dunque necessario sia un accertamento tecnico-biologico, sia che altre circostanze provino la situazione di alterazione psico-fisica. Tale complessità probatoria si impone in quanto le tracce degli stupefacenti permangono nel tempo, sicché l'esame tecnico potrebbe avere un esito positivo in relazione ad un soggetto che ha assunto la sostanza giorni addietro e che, pertanto, non si trova al momento del fatto in stato di alterazione. Tanto premesso, risulta corretta la presente decisione. La corte territoriale ha osservato che il test effettuato mediante gas cromatografo accoppiato a spettografo di massa, ha evidenziato una concentrazione nel sangue dei metaboliti della cocaina in misura pari a 252 ng/ml, a fronte di un valore soglia di 50 ng/ml; ha osservato che la presenza accertata dei metaboliti della sostanza stupefacente nella circolazione del sangue in misura così rilevante, oltre cinque volte il valore soglia, è indice, a differenza della positività all'analisi delle urine, del perdurante influsso delle sostanze stupefacenti sul soggetto; la metabolizzazione in corso, e quindi il processo di assorbimento corporeo, in relazione alla quantità rilevata assai superiore al valore soglia, è infatti un processo che di per sé attesta l'alterazione dello stato psico fisico, poiché indica che è in corso lo smaltimento corporeo dell'effetto drogante; infatti l'effetto dell'assunzione degli stupefacenti cessa con la completa metabolizzazione da parte dell'organismo e sino a quando questa è in corso si deve ritenere l'assuntore in stato di alterazione, tanto più ove i valori rilevati siano indice di un processo metabolico lungi dal concludersi. Ha poi aggiunto, quanto al referto redatto all'esito della visita medica eseguita sull'A., in cui si legge testualmente "non evidenzia clinica di etilismo acuto o di intossicazione da sostanze", che lo stato di intossicazione e quello di alterazione sono nozioni diverse e che l'assenza di evidenza del primo non escludeva l'altro, da ritenersi invece sussistente per la alta percentuale di metaboliti della cocaina. Si tratta di una motivazione congrua ed esaustiva. Il certificato in questione, nell'escludere la "evidenza clinica di etilismo acuto o di intossicazione da sostanze", ha escluso, come è fatto chiaro dal significato delle parole e dal contesto di pronto soccorso nel quale sono state usate, la immediata riconoscibilità di gravi situazioni patologiche in atto quali l'etilismo acuto e/o la intossicazione da sostanze, che corrispondono a precisi dati clinici e rendono necessari altrettanto precisi ed urgenti interventi di pronto soccorso. I termini usati corrispondono a precise nozioni proprie della scienza medica e sono stati utilizzati nel significato loro proprio. Peraltro è nozione di comune esperienza che l'etilismo acuto è uno stato patologico ed altrettanto è per l'intossicazione (da qualunque causa derivi) termine che è sinonimo di avvelenamento ed anche da un punto di vista semplicemente lessicale indica uno stato morboso, acuto o cronico, dovuto all'azione svolta sull'organismo da sostanze di per sé stesse nocive, o divenute tali per particolari condizioni. Diversa evidentemente è la nozione di alterazione cui fa riferimento l'art. 187 del codice della strada che richiede l'accertamento di uno stato di coscienza semplicemente modificato dalla assunzione di sostanze stupefacenti, e non necessariamente coincidente con la intossicazione che anzi nella stragrande maggioranza dei casi non viene raggiunta. Correttamente dunque la sentenza impugnata ha distinto i due concetti; altrettanto corretta è la valutazione sulla attualità dello stato di alterazione, ricavato, come sopra si è detto, dalla alta percentuale di metaboliti della cocaina nel sangue, stimata in base ad una analisi effettuata con metodica altamente specializzata e di sicura attendibilità che ha portato a ritenere, con giudizio fondato su dati scientifici correttamente apprezzati, la attualità della alterazione.
- Conclusivamente il ricorso deve essere rigettato e il ricorrente condannato al pagamento della spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
A cura del Dr. Giuseppe Aramini – Studio Legale Associato Lucarelli & Ferrario
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