Diritto di precedenza dei veicoli provenienti da tergo, in prossimità di unintersezione, rispetto al veicolo che si accinga a svoltare.
Questa interessante pronuncia della Suprema Corte di Cassazione civile, esprimendosi in punto di contenuto dell’obbligo di dare la precedenza all’atto di effettuare una manovra di svolta a sinistra in prossimità di un incrocio, precisa che la presunzione di pari responsabilità ex art. 2054 c.c. non è esclusa nemmeno se il veicolo che si trova a compiere la suddetta manovra di svolta a sinistra venga urtato da veicolo che sopraggiunga da tergo compiendo manovra di sorpasso irregolare, irregolarità data dalla circostanza che essa sia compiuta in prossimità dell’incrocio.
La Cassazione, statuisce, infatti che “il conducente di un veicolo a motore che ad un crocevia fra strade pubbliche debba svoltare a sinistra, ha l'obbligo di dare la precedenza ai veicoli provenienti da destra ed ha altresì l'obbligo derivante dalla comune prudenza, di assicurarsi, prima di svoltare, che non sopravvengano veicoli da tergo, ai quali spetta al pari la precedenza ancorché si trovino in una illegittima fase di sorpasso - con la precisazione che l'obbligo di ispezionare la strada a tergo, per assicurarsi che non sopraggiungano veicoli in fase di sorpasso, è circoscritto al momento spazio-temporale che precede la manovra, mentre nella fase di esecuzione il conducente del veicolo che svolta non può distrarre l'attenzione dal suo normale campo visivo”.
Per quanto sopra sembra possa concludersi che la presunzione di pari responsabilità ex art. 2054 c.c. possa essere vinta, ad opera del conducente che si trovi a svoltare a sinistra solo ove riesca a dimostrare che il veicolo proveniente da tergo lo abbia urtato già quando era in fase di esecuzione la manovra di svolta, essendo che in tale momento spazio-temporale non avrebbe l’obbligo, discendente dal dovere di comune prudenza, di distrarre l’attenzione dal proprio normale campo visivo, controllando i veicoli che provengano da tergo.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Cass. civ. Sez. III, Sent., 27-07-2012, n. 13380
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRIFONE Francesco - Presidente -
Dott. UCCELLA Fulvio - Consigliere -
Dott. CARLEO Giovanni - Consigliere -
Dott. GIACALONE Giovanni - Consigliere -
Dott. D'AMICO Paolo - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
R.R., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PANARO 14, presso lo studio dell'avvocato DE SISTO LUIGI, che lo rappresenta e difende giusta delega in atti;
- ricorrente -
contro
INA ASSITALIA S.P.A., in persona del procuratore speciale dell'amministratore delegato p.t. avv. F.M., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA G. FERRARI, 35, presso lo studio dell'avvocato VINCENTI MARCO, che la rappresenta e difende giusta delega in atti;
- controricorrente -
e contro
RO.GI.;
- Intimato -
avverso la sentenza n. 249/2006 della CORTE D'APPELLO di ROMA, depositata il 18/01/2006 R.G.N. 4602/2002;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 13/06/2012 dal Consigliere Dott. PAOLO D'AMICO;
udito l'Avvocato LUIGI DE SISTO;
udito l'Avvocato MARCO VINCENTI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. RUSSO Rosario Giovanni che ha concluso per il rigetto del ricorso e condanna alle spese.
Svolgimento del processo
R.R. convenne in giudizio davanti al Tribunale di Roma l'Assitalia - Le Assicurazioni d'Italia s.p.a. e Ro.Gi.
chiedendo la condanna dei convenuti al risarcimento dei danni subiti alla persona e al trattore a seguito di un incidente stradale.
Esponeva l'attore che mentre alla guida di tale veicolo con rimorchio si accingeva, dopo essersi portato al centro della strada ed aver azionato il dispositivo direzionale, a svoltare a sinistra, venne urtato violentemente dalla autovettura Renault di proprietà di Ro.Gi. che tentava il sorpasso in zona vietata.
Ro.Gi. si costituiva e contestava la domanda attrice assumendo che il sinistro era da ascrivere alla responsabilità di R.R. che aveva effettuato la svolta senza segnalazione, tagliandogli la strada mentre stava per effettuare il sorpasso senza invadere la corsia opposta.
Si costituiva pure la società assicuratrice contestando la domanda dell'attore ed assumendo il suo difetto di legittimazione attiva in ordine ai danni subiti dal mezzo perchè lo stesso era di proprietà di R.C..
Nel corso del giudizio veniva proposta querela di falso, avverso la c.t.u. medico legale, dichiarata improponibile dal Tribunale.
Con sentenza n. 13071/2001 il Tribunale di Roma, ritenuto il concorso di responsabilità nella produzione del sinistro, condannò i convenuti, in solido, al pagamento in favore di R.R., della somma di L. 570.000 oltre accessori.
Avverso detta sentenza ha proposto appello R.R..
Nella contumacia di Ro.Gi. si è costituita la società assicuratrice chiedendo il rigetto dell'appello.
La Corte d'Appello, ha confermato il concorso di colpa, ha accolto la domanda di liquidazione del danno morale e in accoglimento parziale dell'appello proposto da R.R. avverso la sentenza del Tribunale di Roma, ha condannato l'Assitalia - Le Assicurazioni d'Italia s.p.a. e Ro.Gi., in solido, al pagamento della somma di Euro 180,00 in favore dello stesso R.R..
Sostiene in particolare la Corte che, in assenza di testimoni, dal rapporto dei carabinieri e dalla posizione statica assunta dai veicoli non si può ricostruire la dinamica del sinistro per cui correttamente il Tribunale ha applicato il criterio di pari responsabilità ai sensi dell'art. 2054 c.c..
Propone ricorso per cassazione R.R. con quattro motivi.
Resiste con controricorso l'I.N.A. Assitalia s.p.a. che presenta memoria.
Non svolge attività difensiva Ro.Gi..
Motivi della decisione
Con il primo motivo del ricorso R.R. denuncia Violazione e falsa applicazione dell'art. 148 C.d.S. e art. 347 reg. C.d.S., dell'art. 183 c.p.c. allora vigente (L. 26 novembre 1990, n. 353, art. 17) e dell'art. 116 c.p.c. in riferimento agli artt. 2054 e 2697 c.c., oltre che motivazione erronea e contraddittoria, in relazione all'art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5.
Secondo parte ricorrente la Corte d'Appello non ha correttamente applicato la legge e valutato le risultanze probatorie.
Assume in particolare il ricorrente che dal rapporto dei carabinieri risulta che vi è stato uno scontro fronto-laterale fra il trattore con rimorchio, condotto da R. e l'autovettura condotta da Ro. e che lo scontro è avvenuto mentre il trattore iniziava a svoltare a sinistra e l'autovettura che lo seguiva iniziava la manovra di sorpasso. Il R. aveva fornito la prova certa che vi era un incrocio e che il Ro. contravvenne all'art. 148 C.d.S. che pone il divieto di sorpasso in corrispondenza o in prossimità di un crocevia.
La sentenza impugnata, si afferma, ha negato poi qualsiasi rilevanza probatoria alla mancata comparizione del Ro. all'udienza fissata per rendere l'interrogatorio formale ed ha omesso di considerare che dall'esame dei danni dei veicoli coinvolti si poteva risalire alla dinamica del sinistro.
Il motivo è infondato.
Il conducente di un veicolo a motore che ad un crocevia fra strade pubbliche debba svoltare a sinistra, ha l'obbligo di dare la precedenza ai veicoli provenienti da destra ed ha altresì l'obbligo derivante dalla comune prudenza, di assicurarsi, prima di svoltare, che non sopravvengano veicoli da tergo, ai quali spetta al pari la precedenza ancorchè si trovino in una illegittima fase di sorpasso - con la precisazione che l'obbligo di ispezionare la strada a tergo, per assicurarsi che non sopraggiungano veicoli in fase di sorpasso, è circoscritto al momento spazio-temporale che precede la manovra, mentre nella fase di esecuzione il conducente del veicolo che svolta non può distrarre l'attenzione dal suo normale campo visivo. (Cass., 4 marzo 2004, n. 4402).
Nel caso in esame l'impugnata sentenza non ha potuto ricostruire la condotta dei conducenti coinvolti nel sinistro, anche in assenza di testimoni, e deve dunque ritenersi operativa la presunzione di pari responsabilità di cui all'art. 2054 c.c., comma 2.
Rientra poi nel potere discrezionale del giudice di merito, e non è suscettibile di sindacato in sede di legittimità la facoltà di trarre argomenti sfavorevoli alla parte dalla sua mancata risposta all'interrogatorio formale, o dalla sua mancata comparizione al fine di rendere interrogatorio libero e di ritenere o meno valido il motivo dedotto a giustificazione della mancata comparizione (Cass., 15 aprile 2004, n. 7208).
Con il secondo motivo parte ricorrente denuncia Violazione e falsa applicazione degli artt. 194, 195, 196, 201 c.p.c., nonchè motivazione erronea e contraddittoria, in relazione all'art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5.
Secondo R.R. l'impugnata sentenza è errata nella parte in cui ha rigettato l'eccezione di nullità e falsità della consulenza d'ufficio, senza assolutamente confutare le precise critiche da lui mosse.
Il motivo è infondato.
In tema di querela di falso, l'idoneità del documento impugnato ad assumere efficacia di prova privilegiata costituisce il presupposto necessario del procedimento di verificazione giudiziale a norma dell'art. 221 c.p.c. e segg.. Ne consegue che è inammissibile la proposizione della querela avverso la consulenza tecnica d'ufficio la quale, riguardo alle affermazioni, constatazione o giudizi in essa contenuti, non è munita di pubblica fede, potendo essere contrastata con tutti i mezzi di prova e non essendo vincolante per il giudice che può liberamente disattenderla (Cass., 4 maggio 2011, n. 9796;
Cass., 24 maggio 2007, n. 12086).
D'altra parte non è rilevante ai fini della decisione la circostanza della presenza o non dei consulenti di parte durante lo svolgimento della consulenza d'ufficio. E comunque costoro sono intervenuti nelle operazioni peritali mentre nulla ha impedito loro di essere presenti nella fase della visita del periziando in quanto l'assenza è stata frutto di una loro libera scelta.
Con il terzo motivo si denuncia Omessa, contraddittoria ed insufficiente motivazione della sentenza impugnata circa un punto decisivo della controversia in riferimento all'art. 360 c.p.c., n. 5.
Assume il ricorrente che la Corte ha omesso di dare rilievo alle critiche della parte e del suo consulente all'accertamento tecnico d'ufficio.
Il motivo è infondato.
Il giudice del merito, quando aderisce alle conclusioni del consulente tecnico che nella relazione abbia tenuto conto, replicandovi, dei rilievi dei consulenti di parte, esaurisce l'obbligo della motivazione con l'indicazione delle fonti del suo convincimento; non è quindi necessario che egli si soffermi anche sulle contrarie allegazioni dei consulenti tecnici di parte che, seppur non espressamente confutate, restano implicitamente disattese perchè incompatibili con le conclusioni tratte. In tal caso, le critiche di parte, che tendano al riesame degli elementi di giudizio già valutati dal consulente tecnico, si risolvono in mere argomentazioni difensive che non possono configurare il vizio di motivazione previste dall'art. 360 c.p.c., n. 5. (Cass., 9 gennaio 2009, n. 282).
Per tale ragione l'omesso rilievo dato alle critiche della parte o del suo ct. non è motivo di nullità della stessa c.t.u., giacchè l'omissione significa implicito rigetto o infondatezza di quest'ultima.
Con il quarto motivo si denuncia Violazione e falsa applicazione degli artt. 1140, 1168, 2043 e 2054 c.c., motivazione erronea e contraddittoria, in relazione all'art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5.
Secondo parte ricorrente l'impugnata sentenza è erronea per aver rigettato la domanda di risarcimento dei danni alla trattrice formulata dal R., non essendo questi proprietario.
Il motivo è fondato.
In tema di legittimazione attiva alla domanda di danni derivati da circolazione stradale, il diritto al risarcimento può spettare anche al soggetto non proprietario che, per circostanze contingenti, si trovi nella detenzione del bene danneggiato, a condizione che fornisca la dimostrazione di poter risentire un pregiudizio al suo patrimonio, indipendentemente dal diritto, reale o personale, che egli abbia all'esercizio di quel potere. A tale scopo non è sufficiente la prova dell'esistenza di un titolo che obblighi il detentore a tener indenne il proprietario del veicolo, ma è anche necessario provare che in base a quel titolo l'obbligazione è stata adempiuta, sì che il proprietario non possa pretendere d'essere ancora risarcito dal terzo danneggiante, come nel caso in cui il detentore abbia effettivamente erogato l'importo necessario per la riparazione del veicolo (Cass., 14 luglio 2011, n. 15458).
La sentenza di merito ha motivato dicendo che non avrebbe rilievo il fatto che il possessore del veicolo abbia sostenuto la spesa per la riparazione del mezzo.
Il giudice di merito, invece, avrebbe dovuto valutare se, oltre alla prova dell'esistenza del debito, vi era anche la prova che il proprietario non aveva ormai interesse al risarcimento a seguito delle riparazioni al mezzo effettuate dallo stesso R..
Per le ragioni che precedono devono essere rigettati i primi tre motivi ed accolto il quarto con conseguente cassazione dell'impugnata sentenza e rinvio alla Corte d'Appello di Roma in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte rigetta i primi tre motivi; accoglie il quarto; cassa in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte d'Appello di Roma in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma, il 13 giugno 2012.
Depositato in Cancelleria il 27 luglio 2012
A cura dell’Avv. Pietro Ferrario – Studio Legale Associato Lara Lucarelli & Pietro Carlo Ferrario
http://www.lucarellieferrariostudiolegale.com/