Assistenza difensiva in occasione dell'alcoltest: ulteriori conferme.
La pronuncia che infra si propone appare interessante con riferimento al tema da Noi già affrontato della disciplina dell'assistenza "difensiva" in occasione dell'alcoltest.
La Suprema Corte, tramite obiter dictum, rigettando la questione di legittimità costituzionale dell'art. 186 C.d.S., sollevata con riferimento agli artt. 3 e 11 Cost., sostiene che non sia necessaria un'esplicita previsione, nella suddetta disposizione normativa, della facoltà per il cittadino di avvalersi della presenza del difensore di fiducia e, in assenza di quest'ultimo o nell'impossibilità che egli venga reperito in tempi compatibili con l'accertamento, della presenza di un difensore di ufficio, in quanto tale facoltà trova già cittadinanza al combinato disposto dell'art. 354 c.p.p., comma 3 e art. 356 c.p.p. e art. 114 disp. att. c.p.p..
E’, dunque, ribadito che, nel procedere al compimento degli atti di accertamento del livello alcolemico nel sangue, la polizia giudiziaria deve avvertire la persona sottoposta alle indagini, se presente, che ha facoltà di farsi assistere dal difensore di fiducia.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE
Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 16-01-2014) 31-01-2014, n. 5026
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BRUSCO Carlo Giuseppe - Presidente -
Dott. PICCIALLI Patrizia - rel. Consigliere -
Dott. GRASSO Giuseppe - Consigliere -
Dott. IANNELLO Emilio - Consigliere -
Dott. DELL'UTRI Marco - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
D.A. N. IL (OMISSIS);
avverso la sentenza n. 1200/2011 CORTE APPELLO di FIRENZE, del 28/05/2012;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 16/01/2014 la relazione fatta dal Consigliere Dott. PICCIALLI PATRIZIA;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. D'ANGELO Giovanni, che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso.
D.A. ricorre avverso la sentenza di cui in epigrafe che, confermando quella di primo grado, lo ha riconosciuto colpevole del reato di cui all'art. 186 C.d.S..
Ripropone le censure già articolate in sede di appello.
Con il primo motivo, lamenta il vizio di motivazione della sentenza di appello nella parte in cui è stata ritenuta manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 186 C.d.S., sollevata con riferimento agli artt. 3 e 111 Cost., con riferimento alla disciplina dell'assistenza "difensiva" in occasione dell'alcooltest.
Si sostiene che in proposito soluzione in linea con i principi di costituzionalità potrebbe individuarsi nell'esplicita previsione della facoltà per il cittadino di avvalersi della presenza del difensore di fiducia e, in assenza di quest'ultimo o nell'impossibilità che egli venga reperito in tempi compatibili con l'accertamento, della presenza di un difensore di ufficio.
Ripropone, con il secondo motivo, la doglianza sul preteso malfunzionamento dell'apparecchio etilometro, che la Corte di merito non aveva accolto rilevandone la genericità, prospettando in proposito l'incertezza della deposizione dell'operante.
Con il terzo motivo lamenta l'omessa motivazione sul motivo di appello con il quale era stato richiesto a parziale rinnovazione del dibattimento.
Il ricorso è manifestamente infondato.
Quanto al primo motivo, va ricordato che il provvedimento di rigetto della eccezione di legittimità costituzionale non è soggetto ad impugnazione, neanche sotto il profilo del difetto di motivazione, attenendo alla verifica (positiva) di un presupposto processuale (la inesistenza di una pregiudiziale di costituzionalità) di esclusiva competenza del giudice del processo. L'unico rimedio configurabile è semmai quello della riproposizione della questione all'inizio di ogni grado del processo da parte dell'interessato dinanzi al giudice superiore, il quale ne valuterà nuovamente la rilevanza (Sezione 3^, 24 gennaio 2013, Mendola ed altro).
Qui, per vero, nel ricorso ci si limita alla censura della decisione reiettiva della corte di appello.
Ma in ogni caso, è evidente l'infondatezza del motivo, ove si consideri- ciò che condurrebbe a ritenere la questione inammissibile- la soluzione affatto obbligatocene si prospetta per asseritamente ricondurre al rispetto dei principi di costituzionalità la disciplina di interesse.
Va ancora soggiunto- sempre nella prospettiva dell'inammissibilità della questione - che la disciplina di che trattasi non è certamente rinvenibile nell'art. 186 C.d.S., oggetto di censura, ma semmai nel combinato disposto dell'art. 354 c.p.p., comma 3 e art. 356 c.p.p. e art. 114 disp. att. c.p.p..
Incensurabile in fatto è il rigetto della censura sul preteso malfunzionamento dell'apparecchio etilometro.
Va ricordato il principio secondo cui, in tema di guida in stato di ebbrezza, allorquando l'alcoltest risulti positivo costituisce onere della difesa dell'imputato fornire una prova contraria a detto accertamento quale, ad esempio, la sussistenza di vizi dello strumento utilizzato, oppure l'utilizzo di una errata metodologia nell'esecuzione dell'aspirazione (Sezione 4^, 12 luglio 2013, Varratta).
E' tematica adeguatamente affrontata in sede di merito: qui, in sede di ricorso, si propone una inammissibile censura di fatto, tra l'altro assolutamente generica con il richiamo affatto documentato alla deposizione di uno degli operanti.
Anche il terzo motivo è manifestamente infondato.
Nel giudizio d'appello, la rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale è istituto di carattere eccezionale, in relazione al quale vale la presunzione che l'indagine istruttoria abbia ormai raggiunto la sua completezza nel dibattimento svoltosi innanzi al primo giudice. L'art. 603 c.p.p., comma 1, non riconosce carattere di obbligatorietà all'esercizio del potere del giudice d'appello di disporre la rinnovazione del dibattimento, anche quando è richiesta per assumere nuove prove, ma vincola e subordina tale potere, nel suo concreto esercizio, alla rigorosa condizione che il giudice ritenga, nella sua discrezionalità, di non poter decidere allo stato degli atti In una tale prospettiva, se è vero che il diniego dell'eventualmente invocata rinnovazione dell'istruzione dibattimentale deve essere spiegato nella sentenza di secondo grado, la relativa motivazione (sulla quale nei limiti della illogicità e della non congruità è esercitabile il controllo di legittimità) può anche ricavarsi per implicito dal complessivo tessuto argomentativo, qualora il giudice abbia dato comunque conto delle ragioni in forza delle quali abbia ritenuto di potere decidere allo stato degli atti ( v., tra le altre, Sez. 6^, 21 maggio 2009, Messina ed altro, rv. 245009).
Ciò che nella specie deve ritenersi essersi verificato, avendo il giudice di merito esplicitato con adeguata chiarezza il proprio convincimento sullo stato di ebbrezza dell'imputato nonchè sul corretto funzionamento dell'etilometro tanto da rendere superfluo ed inutile un ulteriore approfondimento.
Alla inammissibilità del ricorso, riconducibile a colpa del ricorrente (Corte Cost., sent. 7-13 giugno 2000, n. 186), consegue la condanna del ricorrente medesimo al pagamento delle spese processuali e di una somma, che congruamente si determina in mille euro, in favore della cassa delle ammende.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000,00 in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 16 gennaio 2014.
Depositato in Cancelleria il 31 gennaio 2014
A cura degli Avv.ti Pietro Carlo Ferrario e Giuseppe Aramini – Studio Legale Associato Lucarelli & Ferrario
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