Pubblicato il 12-03-2014

Tre aspetti da non dimenticare in punto di accertamento della guida in stato d'ebbrezza: una pronuncia che fa chiarezza.

Questa pronuncia della Suprema Corte appare importante in quanto si rivela riassuntiva di alcuni punti da Noi spesso affrontati, aiutando il Lettore ad organizzare il quadro in modo ancor più chiaro e preciso.

Sono tre in particolare gli aspetti che riprenderemo, e che sono ripresi nella pronuncia, i quali Ci sentiamo di dover richiamare ancora una volta, riportando expressis verbis i termini adoperati dalla Sezione Quarta Penale:

a)      nel caso in cui l'accertamento del tasso alcolemico muova dalla ritenuta emersione di una notizia di reato, esso si concreta in un atto di polizia giudiziaria urgente ed indifferibile, da ricondursi alla tipologia richiamata dall'art. 354 c.p.p., comma 3; di conseguenza, in ragione del disposto dell'art. 114 disp. att. c.p.p., la polizia giudiziaria, nel compimento dell'atto, avverte la persona sottoposta alle indagini che ha facoltà di farsi assistere dal difensore di fiducia, senza che sia necessario procedere alla nomina di un difensore d'ufficio, qualora quello di fiducia non sia stato nominato o, nominato, non sia comparso, per procedere nell'accertamento;

 

b)      la richiesta degli organi di polizia giudiziaria di effettuare l'analisi del tasso alcolemico, in presenza di un dissenso espresso dell'interessato, è illegittima e, quindi, l'eventuale accertamento, comunque effettuato a mezzo del prelievo ematico da parte dei sanitari, è inutilizzabile ai fini dell'affermazione di responsabilità per una delle ipotesi di reato previste dall'art. 186 C.d.S., comma 2;

 

c)      ai fini della configurazione del reato di guida in stato di ebbrezza, tale stato può essere accertato, per tutte le ipotesi attualmente previste dall'art. 186 C.d.S., con qualsiasi mezzo, e quindi anche su base sintomatica, indipendentemente dall'accertamento strumentale, dovendosi comunque ravvisare l'ipotesi più lieve, priva di rilievo penale, quando, pur risultando accertato il superamento della soglia minima, non sia possibile affermare, oltre ogni ragionevole dubbio, che la condotta dell'agente rientri nell'ambito di una delle due altre ipotesi, che conservano rilievo penale.

 

Sottolineiamo, in particolare, il punto b). Il rifiuto di sottoporsi all’accertamento mediante alcoltest, reato a consumazione istantanea, deve esaurire l’attività procedimentale della Polizia Giudiziaria, la quale non potrà obbligare il Conducente a sottoporsi a nessun tipo di accertamento siffatto e/o di qualsivoglia altra natura. Permane in capo a tale Conducente, dunque, la possibilità del rifiuto dell'accertamento, ma con la comminatoria di una sanzione penale per tale indisponibilità dello stesso ad offrirsi e cooperare all'acquisizione probatoria, la quale sarà e dovrà essere la “sola” conseguenza.

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

 

SEZIONE QUARTA PENALE

 

Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 10-01-2014) 31-01-2014, n. 5009

 

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

 

Dott. ZECCA Gaetanino - Presidente -

 

Dott. IZZO Fausto - Consigliere -

 

Dott. MARINELLI Felicetta - Consigliere -

 

Dott. DOVERE Salvatore - Consigliere -

 

Dott. SERRAO Eugenia - rel. Consigliere -

 

ha pronunciato la seguente:

 

sentenza

 

sul ricorso proposto da:

 

F.G. N. IL (OMISSIS);

 

avverso la sentenza n. 11252/2012 CORTE APPELLO di NAPOLI, del 22/04/2013;

 

visti gli atti, la sentenza e il ricorso;

 

udita in PUBBLICA UDIENZA del 10/01/2014 la relazione fatta dal Consigliere Dott. SERRAO EUGENIA;

 

Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. STABILE Carmine, che ha concluso per il rigetto nel merito, rimettendosi alla Carta sull'istanza di rinvio.

 

Svolgimento del processo

 

1. Il 22/04/2013 la Corte di Appello di Napoli ha confermato la sentenza emessa il 3/05/2011 dal Tribunale di Benevento, con cui F.G. era stato dichiarato colpevole del reato di cui al D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, art. 186, per aver circolato alla guida di un'autovettura in stato di ebbrezza con tasso accertato pari a g/l 1,65 e condannato, previa concessione delle attenuanti generiche, alla pena di mesi 2 di arresto ed Euro 2.000,00 di ammenda, con sospensione della patente per anni 1 e confisca dell'autovettura.

 

2. Ricorre per cassazione F.G. sulla base dei seguenti motivi:

 

a) inosservanza dell'art. 114 disp. att. c.p.p., in relazione all'art. 356 c.p.p., per omessa informativa, al momento dell'esame del tasso alcolemico, della facoltà di farsi assistere da un difensore.

 

Il ricorrente, evidenziando come nel verbale redatto dalla Polizia Giudiziaria sia stata indicata erroneamente la data del fatto e sia stato attestato che il controllo del tasso alcolemico era stato eseguito nell'immediatezza del fatto, nonostante tale operazione fosse stata eseguita a distanza di tre ore e mezza, ritiene che gli agenti avrebbero barrato la casella riguardante l'avviso al difensore in modo automatico, senza procedere effettivamente a tale adempimento;

 

b) inosservanza ed erronea applicazione dell'art. 186 C.d.S., per avere la sentenza indicato che il ricorrente, trasportato in ospedale, si era rifiutato di sottoporsi all'accertamento del tasso alcolemico, senza tuttavia prendere in considerazione l'ipotesi prevista dall'art. 186 C.d.S., comma 7;

 

c) vizio motivazionale, per avere la sentenza ritenuto accertata la sussistenza del reato nonostante avesse dato atto che il sinistro si era verificato alle 4:35 mentre il primo controllo del tasso alcolemico era avvenuto alle 8:13, con una frattura di continuità tra la guida dell'auto e l'alcoltest che rendeva impossibile raggiungere la certezza sul dato quantitativo della concentrazione alveolare. Il giudice di merito, si assume, avrebbe giustificato la pronuncia di condanna sostenendo che il lasso di tempo trascorso non fosse imputabile ai Carabinieri in quanto l'imputato si era rifiutato di sottoporsi all'esame quando era in ospedale, ma quest'ultimo aveva appreso di dovervisi sottoporre solo una volta tornato sul luogo del sinistro ed era, per contro, obbligo della polizia giudiziaria acquisire il referto redatto in ospedale. La sentenza impugnata, pur prendendo in esame tali circostanze, nonchè la dichiarazione dell'imputato di aver ingerito un caffè corretto una volta uscito dall'ospedale, aveva illogicamente ritenuto valido il valore accertato dopo quattro ore dal fermo;

 

d) erronea applicazione delle statuizioni relative al giudizio di comparazione. La sentenza impugnata, secondo il ricorrente, ha negato la richiesta modifica del trattamento sanzionatorio richiamando la condotta dell'imputato, che tuttavia non ha cagionato alcun incidente ed è ritornato spontaneamente sul luogo del sinistro sottoponendosi all'alcoltest, con soluzione disancorata dalle risultanze processuali e dai requisiti soggettivi.

 

3. Con nota pervenuta il 9/01/2014 il difensore del ricorrente ha formulato istanza di rinvio per impedimento della parte, allegando certificato medico.

 

Motivi della decisione

 

1. Occorre, preliminarmente, considerare che il termine di prescrizione del reato contravvenzionale previsto dall'art. 186 C.d.S., commesso in data 25/12/2008, alla data odierna non risulta spirato in ragione della sospensione del processo dal 12/04/2011 al 3/05/2011. Tale sospensione è stata disposta, come emerge dal verbale dell'udienza del 12/04/2011, a seguito della richiesta istruttoria di esame dell'imputato contumace formulata dalla difesa, su istanza di rinvio presentata dal difensore dell'imputato al fine di procedere all'esame di quest'ultimo. Trattasi, quindi, di sospensione del processo che incide, sospendendolo, sul corso di prescrizione del reato a norma dell'art. 159 c.p., comma 1, n. 3, non essendo il rinvio riconducibile ad altre, concomitanti, ragioni o richieste di rinvio (Sez. 1^, n. 27676 del 17/05/2013, Fiumara, Rv.

 

256363; Sez. 5^, n. 49647 del 02/10/2009, Delti Santi, Rv. 245823;

 

per la distinzione tra le diverse ipotesi di cui all'art. 159 c.p., comma 1, n. 3, Sez. 3^, n. 45968 del 27/10/2011, Diso, Rv. 251629).

 

2. Risulta, poi, inapplicabile nel giudizio di cassazione la norma dettata dall'art. 420 ter c.p.p., che impone il rinvio dell'udienza preliminare qualora risulti il legittimo impedimento dell'imputato.

 

Nè è prevista da alcuna norma la presenza dell'imputato all'udienza pubblica dinanzi alla Corte di Cassazione, espressamente disciplinata per il giudizio camerale dagli artt. 127 e 599 c.p.p., tanto più che, come affermato con riferimento al previgente art. 536 c.p.p., il concetto di assistenza difensiva non si identifica necessariamente in quello di presenza personale dell'imputato nel giudizio, ma va inteso come inderogabile garanzia della possibilità di difesa, che nel giudizio innanzi alla Corte di Cassazione è ampiamente assicurata attraverso il riconoscimento e la tutela di vari diritti processuali connessi, appunto, alla assistenza difensiva (Sez. 1^, n. 15479 del 22/03/1988, dep. 11/11/1989, Fochetti, Rv. 182483).

 

3. Il primo motivo di ricorso è infondato.

 

3.1. Nel caso in cui l'accertamento del tasso alcolemico muova dalla ritenuta emersione di una notizia di reato, esso si concreta in un atto di polizia giudiziaria urgente ed indifferibile, da ricondursi alla tipologia richiamata dall'art. 354 c.p.p., comma 3; di conseguenza, in ragione del disposto dell'art. 114 disp. att. c.p.p., la polizia giudiziaria, nel compimento dell'atto, avverte la persona sottoposta alle indagini che ha facoltà di farsi assistere dal difensore di fiducia, senza che sia necessario procedere alla nomina di un difensore d'ufficio, qualora quello di fiducia non sia stato nominato o, nominato, non sia comparso, per procedere nell'accertamento.

 

La giurisprudenza di legittimità è consolidata nel senso che la violazione del disposto dell'art. 114 disp. att. c.p.p., dia luogo ad una nullità di ordine generale ma non assoluta e richiama l'art. 182 c.p.p., comma 2, per affermare che tale nullità deve essere eccepita prima del compimento dell'atto ovvero, se ciò non è possibile, immediatamente dopo, senza attendere il compimento del primo atto successivo. La nullità in parola può essere anche rilevata d'ufficio, secondo quanto previsto dall'art.l82 c.p.p., ma ciò non è possibile quando la parte sia decaduta dalla possibilità di proporre la relativa eccezione e comunque quando la nullità si sia sanata.

 

Nel caso in esame, peraltro, a prescindere dalla sanatoria e dalla preclusione derivanti dal fatto che non risulta dedotto che il difensore abbia eccepito la nullità nei termini sopra indicati, essendosi limitato a menzionarla tra i motivi di appello (Sez. 4^, n. 31358 del 4/07/2013, Rotani, Rv. 256213; Sez. 4^, n. 38003 del 19/09/2012, Avventuroso, Rv. 254374), il ricorrente non contesta che il verbale di accertamento urgente redatto ai sensi dell'art. 354 c.p.p., comma 3, dai Carabinieri della Compagnia di Montesarchio, in atti, indichi che al conducente è stato formulato l'avviso di cui all'art. 114 disp. att. c.p.p., così come correttamente riportato nel provvedimento impugnato, ma ipotizza che quanto attestato dal pubblico ufficiale redigente non corrisponda al vero. Trattasi, peraltro, di atto pubblico che fa fede fino a querela di falso dei fatti che siano caduti sotto la percezione diretta dell'autore o che siano dallo stesso riferiti; la non corrispondenza al vero di quanto ivi attestato avrebbe dovuto, quindi, essere accertata previa rituale proposizione di querela di falso dinanzi al giudice di merito, al quale è stata invece eccepita la mera inutilizzabilità dell'esame tecnico.

 

4. Il secondo motivo è manifestamente infondato.

 

4.1. Il ricorrente si duole dell'errata sussunzione del fatto nell'ipotesi prevista e disciplinata dall'art. 186, comma 2, anzichè nell'ipotesi prevista dall'art. 186 C.d.S., comma 7, emergendo dalla stessa sentenza impugnata che l'imputato si sarebbe rifiutato di sottoporsi all'accertamento del tasso alcolemico al momento del ricovero.

 

4.2. Come anche di recente affermato da questa Corte (Sez. 4^, n. 6755 del 06/11/2012, dep. 11/02/2013, Guardabascio, Rv. 254931), la richiesta degli organi di polizia giudiziaria di effettuare l'analisi del tasso alcolemico, in presenza di un dissenso espresso dell'interessato, è illegittima e, quindi, l'eventuale accertamento, comunque effettuato a mezzo del prelievo ematico da parte dei sanitari, è inutilizzabile ai fini dell'affermazione di responsabilità per una delle ipotesi di reato previste dall'art. 186 C.d.S., comma 2, (Sez. 4^, n. 26108 del 16/05/2012, Pesaresi, Rv.

 

253596 secondo cui i risultati del prelievo ematico effettuato per le terapie di pronto soccorso successive ad incidente stradale e non preordinato a fini di prova della responsabilità penale sono utilizzabili per l'accertamento del reato di guida in stato di ebbrezza, senza che rilevi l'assenza di consenso dell'interessato.

 

In applicazione di tale principio la Corte ha affermato che, per il suo carattere invasivo, il conducente può opporre un rifiuto al prelievo ematico se sia finalizzato esclusivamente all'accertamento della presenza di alcol nel sangue).

 

4.3. Ma è bene ricordare che la Corte Costituzionale, nella motivazione della sentenza con cui ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 224 c.p.p., (Corte Cost. n. 238 del 9/07/1996), nel momento in cui censurava la genericità della disciplina del rito penale, ha segnalato come invece, ".... in un diverso contesto, che è quello del nuovo codice della strada (artt. 186 e 187), il legislatore - operando specificamente il bilanciamento tra l'esigenza probatoria di accertamento del reato e la garanzia costituzionale della libertà personale - abbia dettato una disciplina specifica (e settoriale) dell'accertamento (sulla persona del conducente in apparente stato di ebbrezza alcolica o di assunzione di sostanze stupefacenti) della concentrazione di alcool nell'aria alveolare espirata e del prelievo di campioni di liquidi biologici, prevedendo in entrambi i casi la possibilità del rifiuto dell'accertamento, ma con la comminatoria di una sanzione penale per tale indisponibilità dei conducente ad offrirsi e cooperare all'acquisizione probatoria.

 

4.4. Ora, secondo quanto dedotto dallo stesso ricorrente, non risulta che egli abbia opposto un rifiuto a sottoporsi all'esame del tasso alcolemico a mezzo etilometro, emergendo con evidenza la corretta sussunzione della condotta al medesimo ascrivibile nella disciplina dettata dall'art. 186 C.d.S., comma 2, piuttosto che nell'alveo della diversa ipotesi di reato prevista e disciplinata dall'art.186, comma 7, cod. strada che, come detto, presuppone la totale indisponibilità del conducente a cooperare all'acquisizione probatoria.

 

5. Il terzo motivo di ricorso è infondato.

 

5.1. La sentenza impugnata, premesso che l'imputato era stato fermato per aver invaso con la propria autovettura l'opposta corsia di marcia investendo altro veicolo e che lo stato di ebbrezza alcolica del conducente di un autoveicolo può essere provato con qualsiasi mezzo e che non è, dunque, indispensabile l'utilizzo della strumentazione e della procedura indicate dall'art. 379 reg. att. C.d.S., è giunta con motivazione congrua ed esente da illogicità a desumere lo stato di ebbrezza dell'appellante dagli elementi indiziari, specificamente indicati a pag. 3, concretati dalle difficoltà di espressione e di coordinamento descritte dagli agenti della polizia giudiziaria, dal fatto che l'esame mediante etilometro fosse stato eseguito a distanza di tre ore e mezza dall'incidente a seguito del rifiuto dell'indagato di sottoporsi all'esame ematico richiesto dai Carabinieri, dal risultato dell'esame che, pur a distanza di tempo, indicava un tasso di alcol nel sangue elevato, dall'assenza di prova che l'imputato avesse, come da lui solo dichiarato, bevuto un caffè corretto alla sambuca appena uscito dall'ospedale.

 

5.2. Deve, in proposito, essere ribadito il principio già affermato nella giurisprudenza di questa Corte per cui, ai fini della configurazione del reato di guida in stato di ebbrezza, tale stato può essere accertato, per tutte le ipotesi attualmente previste dall'art. 186 C.d.S., con qualsiasi mezzo, e quindi anche su base sintomatica, indipendentemente dall'accertamento strumentale, dovendosi comunque ravvisare l'ipotesi più lieve, priva di rilievo penale, quando, pur risultando accertato il superamento della soglia minima, non sia possibile affermare, oltre ogni ragionevole dubbio, che la condotta dell'agente rientri nell'ambito di una delle due altre ipotesi, che conservano rilievo penale (Sez. 4^, n. 28787 del 09/06/2011, P.G. in proc. Rata, Rv. 250714; Sez. 4^, Sentenza n. 45122 del 06/11/2008, Corzani, Rv. 241764).

 

Tale principio può essere ulteriormente sviluppato, con la precisazione che il decorso di un intervallo temporale di alcune ore tra la condotta di guida incriminata e l'esecuzione del test alcolemico rende necessario, ai fini della sussunzione del fatto in una delle due ipotesi di rilievo penale, verificare la presenza di altri elementi indiziari. La motivazione espressa dalla Corte territoriale risulta esente da contraddittorietà proprio perchè, tenendo conto del lasso di tempo intercorso tra l'incidente e l'esame alcolemico, ha fornito adeguata giustificazione del percorso logico seguito per pervenire alla conferma della sentenza di primo grado, applicando correttamente il principio indicato e pervenendo alla sussunzione del fatto nella più grave delle ipotesi disciplinate dall'art. 186 C.d.S., comma 2, in ragione del concorrente accertamento di una serie di elementi indiziari idonei a corroborare il dato, acquisito mediante etilometro, di un tasso alcolemico superiore a g/l 1,65.

 

6. Il quarto motivo di ricorso è inammissibile.

 

6.1. La censura risulta genericamente formulata e deduce come ipotesi di violazione di legge una critica al provvedimento impugnato tendente ad ottenere una diversa valutazione della determinazione della pena e dei benefici applicabili. La mancanza di specificità del motivo, in vero, deve essere apprezzata non solo per la sua genericità, intesa come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell'impugnazione, non potendo il ricorrente ignorare l'esplicitazione del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità conducente, mente dell'art. 591 c.p.p., comma 1, lett. c), all'inammissibilità.

 

6.2. Trattasi, inoltre, di censura che concerne un giudizio, quale quello riguardante la determinazione della pena e la concessione dei benefici come la sospensione condizionale, riservato al giudice di merito ed insindacabile in sede di legittimità ove, come nel caso in esame, congruamente motivato.

 

7. Il ricorso deve, pertanto, essere rigettato con la conseguente condanna del ricorrente, ai sensi dell'art. 616 c.p.p., al pagamento delle spese processuali.

 

P.Q.M.

 

Rigettata l'istanza di rinvio, rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

 

Così deciso in Roma, il 10 gennaio 2014.

 

Depositato in Cancelleria il 31 gennaio 2014

 

 

A cura degli Avv.ti Pietro Carlo Ferrario e Giuseppe Aramini – Studio Legale Associato Lucarelli & Ferrario

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