Stato di alterazione alla guida e revoca della patente: le novità più recenti.
Tanto le decisioni dei Giudici della Suprema Consulta, tanto le indicazioni ministeriali sono intervenute recentemente per chiarire alcuni punti lasciati irrisolti dalla L. 150/2010, riforma questa che, pur riguardando circa un terzo delle norme del nostro codice della strada, non ha portato ad un nuovo organico codice come auspicato da molti nei settori della circolazione e dei trasporti su strada.
Sia gli artt. 186 e 186 bis C.d.S in tema di guida sotto l’influenza dell’alcool, sia l’art. 187 C.d.S. inerente la guida in stato di alterazione psico-fisica per uso di sostanze stupefacenti contemplano diverse ipotesi nelle quali la commissione dell’illecito determina la revoca della patente.
Escludendo, in questa sede, i casi di revoca del documento di guida specificamente previsti per i conducenti di età inferiore a ventuno anni, per i neo-patentati e per chi esercita professionalmente l’attività di trasporto di persone e cose, una prima ipotesi di revoca si ha in capo a coloro che hanno provocato un incidente stradale e per i quali sia stato accertato un tasso alcolemico superiore ad 1,5 grammi per litro e/o constata l’alterazione per consumo di stupefacenti.
Anzitutto, una recentissima sentenza della Cassazione, del gennaio di quest’anno, chiarisce che si prefigura incidente, in quanto turbativa del traffico, anche nel caso di una semplice uscita di strada del veicolo: in altre parole, la nozione di incidente stradale viene a ricomprendere tanto l'urto del veicolo contro un ostacolo, tanto la sua fuoriuscita dalla sede stradale, senza che rilevi la causazione di danni a persone o a cose, essendo sufficiente qualsiasi, purché significativa, turbativa del traffico, potenzialmente idonea a determinare danni (Corte Cass., Sez. Pen. IV, n. 3444 26/1/15).
Pertanto, ipotizzando che una persona, con un tasso di alcol superiore ad 1,5 g/l sangue e/o in stato di alterazione da sostanze psicotrope esca di strada con danni limitati alla vettura, questa si ritroverà con la patente revocata per almeno tre anni dalla data di accertamento del reato.
Si pone, conseguentemente, un primo problema nel comprendere quale è esattamente quest’ultimo momento, dal momento che i chiarimenti riguardo l’espressione “accertamento del reato” della Cassazione e del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti divergono radicalmente. In modo condivisibile, la Cassazione, nella relazione n. III/08/10, intende il momento in cui viene accertato il fatto costituente reato che l’agente denuncia all’Autorità Giudiziaria (e non quello del passaggio in giudicato della sentenza o del decreto di condanna), analogamente a quanto avviene nei casi di revoca amministrativa di cui all’art. 219 C.d.S.. Il MIT, invece, ponendo l’accento sulla natura giudiziale dell’accertamento che non può essere la mera constatazione sulla strada, ha precisato con circolare del 7/7/14 che la "data di accertamento del reato" deve essere considerata come il giorno in cui la sentenza è definitiva e non più appellabile, nel senso che "sono stati esperiti tutti i gradi di giudizio previsti o non è più esperibile alcun ricorso giurisdizionale in quanto scaduti i termini di impugnativa".
Sta di fatto che, all’esito di questa diversità di visioni, le Motorizzazioni, al momento di iscriversi ad esame per la nuova patente, si attengono alla citata circolare, magari respingendo le domande nonostante siano già passati tre anni dalla data in cui è stata commesso l’illecito, con il risultato che il condannato finisce per aspettare non meno di 4-5 anni per sostenere il nuovo esame.
Un secondo caso di revoca della patente è previsto per il caso di recidiva.
In primo luogo occorre notare una differenza tra la disciplinata per guida in stato di ebrezza alcolica, per la quale il periodo di rilevanza ai fini della reiterazione del reato è di due anni, e quella per guida in stato di alterazione psico-fisica per uso di stupefacenti, per la quale, invece, il “periodo di osservazione” è di tre anni.
Secondariamente va osservato che, per quanto attiene in modo specifico la materia dell’ebrezza alcolica, la previsione della predetta recidiva nel biennio è contemplata nel comma 2 lett. c) avente ad oggetto la sola ipotesi di ebrezza superiore ad 1,5 g/l sangue.
Ora, un’interpretazione strettamente “sistematica” porterebbe a far escludere che, ai fini della recidiva in parola, possano rilevare casi di contestazione di ebrezza -magari sempre di rilevanza penale- ma inferiori alla suddetta soglia di 1,5 g/l sangue. Tuttavia, un’altra pronuncia della Cassazione del 26 gennaio di quest’anno, ha statuito che è del tutto irrilevante l'entità o il grado del tasso alcolemico riscontrato sulla persona dell'imputato, “assumendo un decisivo rilievo, ai fini della revoca dell'abilitazione alla guida dell'imputato, la sola circostanza costituita dalla commissione, nell'arco di un biennio, di due illeciti di natura penale riconducibili alla fattispecie della guida in stato di ebbrezza, avuto riguardo al richiamo (seppure improprio, come in precedenza rilevato) della nozione di "recidiva" contenuto nell'art. 186 cit., di per sé in ogni caso espressivo dell'esigenza di una reiterata commissione di (almeno) due reati nell'arco di un biennio” (Corte Cass., Sez. Pen. IV, n. 3467 del 26/1/15).
Avv. Pietro Carlo Ferrario