Targa prova - La mancanza a bordo di targa e di autorizzazione ha l'effetto di rendere inefficace l'autorizzazione per circolare con targa di prova, con la conseguenza che il veicolo sorpreso a circolare risponde delle violazioni come se la targa di prova per quel veicolo non esistesse. Non può infatti essere invocato l'averla dimenticata in azienda in quanto in tal modo si rischierebbe di legittimare la circolazione di più veicoli col conducente che, di volta in volta, potrebbe invocare tale giustificazione
Corte di Cassazione Civile sez. II 13/9/2010 n. 19432
(omissis)
FATTO E DIRITTO
rigettato l’opposizione proposta avverso l’ordinanza- ingiunzione n. 640/2003, emessa nei suoi
confronti il 25.8.03 dalla Prefettura di quel capoluogo, con la quale è stata irrogata la sanzione
pecuniaria di euro 1.033,00 – e contestualmente è stata disposta la confisca del veicolo Mercedes
mod. E220 telaio n. …. – per violazione degli artt. 93/VII e 193/II CdS in quanto, quale
proprietaria, aveva consentito la circolazione del detto veicolo privo di targa, di carta di circolazione
e di copertura assicurativa.
L’amministrazione intimata non ha svolto attività difensiva.
Attivatasi procedura ex art. 375 CPC, il Procuratore Generale ha fatto pervenire requisitoria scritta
nella quale, concordando con il parere espresso nella nota di trasmissio ne, conclude chiedendo il
rigetto del ricorso.
La ricorrente non si è avvalsa della facoltà attribuitale dall’ultimo comma dell’art. 375 c.p.c.
Le considerazioni svolte nella relazione e condivise dal Procuratore Generale sono da recepire.
Con il primo motivo, la ricorrente – denunziando violazione e/o falsa applicazione degli artt. 193,
181, e
(approvato con D.P.R. 24.11.1970 n. 973); nullità della sentenza e del procedimento per violazione
degli artt. 115 e 116 c.p.c. in relazione alle suddette disposizioni – premette di aver sostenuto in
primo grado che i verbali di contravvenzione elevati nei propri confronti, oltre che del conducente,
ed i conseguenti provvedimenti di sequestro e confisca del veicolo, dovessero ritenersi palesemente
illegittimi, in quanto, nella specie, ricorrevano tutti i requisiti soggettivi ed oggettivi richiesti dalla
legislazione vigente (art. 1 del D.P.R. n. 474/2001) ai fini della configurabilità della “circolazione di
prova” ex art. 98 CdS e della conse guente non necessari età della carta di circolazione ai sensi
dell’art. 93 del CdS, infatti: il guidatore R. C. risultava essere suo dipendente; essa era titolare
dell’autorizzazione alla circolazione di prova ed in possesso della relativa targa di prova; questa era
stata prontamente esibita agli Agenti; la vettura stava percorrendo una distanza inferiore ai cento
chilometri per essere trasferita dalla filiale di Messina a quella di Catania.
Ciò posto, si duole che il giudice a quo abbia fondato il rigetto dell’opposizione alla sanzione
pecuniaria presumendo, apoditticamente ed in presenza di prova documentale contraria, il mancato
possesso della prescritta autorizzazione alla circolazione di prova, mentre “a) l’autorizzazione
ministeriale alla circolazione in prova (corrispondente alla targa di prova esibita dal conducente C.
agli Agenti di Polizia al momento della presunta infrazione), era, invece, sussistente all’epoca della
presunta infrazione, ed è stata infatti prodotta in giudizio; b) l’autorizzazione ministeriale alla
circolazione in prova avrebbe dovuto essere presunta dal possesso in capo al conducente della targa
di prova, così come prontamente esibita dal conducente C. agli Agenti di Poliz ia (circostanza
ammessa nel verbale n. 105548), in quanto tale possesso della targa di prova costituisce, per ovvi e
logici motivi, prova tangibile della sussistenza di un’autorizzazione alla circolazione di prova in
capo alla U. spa, atteso che è noto …
concessionarie di automobili una targa di prova per ogni autorizzazione alla circolazione in prova
rilasciata, trasferibile da veicolo a veicolo”.
Per analoghe ragioni si duole che il giudice a quo abbia r igettato l’opposizione avverso i
provvedimenti accessori di sequestro e confisca dell’autovettura, non considerando che tali sanzioni
potevano essere applicate solo in caso di contemporanea insussistenza dei tre requisiti prescritti
dall’art. 98 CdS, mentre, nella specie, detti requisiti erano tutti presenti.
Con il secondo motivo, la ricorrente – denunziando violazione e/o falsa applicazione degli artt. 193,
181 e 213 CdS ed in relazione all’art. 9 del Regolamento di esecuzione della legge n. 990/69
(approvato con D.P.R. n. 973 del 24.11.1970); nullità della sentenza e del procedimento per
violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. in relazione alle suddette disposizioni – si duole che il giudice
a quo, pur essendo stata regolarmente documentata la sussistenza della copertura assicurativa per la
responsabilità civile verso i terzi inerente il veicolo in discussione, abbia presunto “apoditticamente,
e persino in presenza di prova documentale contraria, la insussistenza della necessaria copertura
assicurativa, ritenendo pertanto legittimi i verbali di contravvenzioni, anche nella parte in cui gli
stessi hanno disposto il sequestro/confisca del ve icolo, oltre che il pagamento della sanzione
amministrativa pecuniaria”.
Nessuno dei due riportati motivi – che, per connessione, possono essere trattati congiuntamente –
merita accoglimento.
Il giudice a quo ha ritenuto che l’opposizione non potesse trovare accoglimento in quanto
l’opponente non aveva provato, “né agli agenti accertatori né in corso di causa”, che la circolazione
dell’autovettura in discussione, pur priva di carta di circolazione e targa proprie, avesse, tuttavia, di
fatto avuto luogo lecitamente in virtù d’un’autorizzazione rilasciata ai sensi dell’art. 98 CdS e del
D.P.R. 474/2001.
Che tale prova fosse stata o meno fornita, non risultata agli atti del giudizio: parte ricorrente non ha
depositato il fascicolo di parte originale del giudizio svoltosi innanzi al G.d.P. di Messina,
dall’indice del quale, vistato dal cancelliere, sarebbe stato desumibile quali atti fossero stati prodotti
in quel giudizio (nessuno dei documenti allegati riporta un timbro di deposito e persino del ricorso
in opposizione è non è allegato l’originale ma una copia informe priva della relata di notificazione e
dell’attestazione di deposito); a sua volta, la cancelleria del G.d.P. di Messina, pur ripetutamente
sollecitata, non ha esitato la richiesta di trasmissione del fascicolo d’ufficio.
Ciò non di meno, pur volendosi ammettere che la documentazione oggi nel fascicolo di parte
ricorrente fosse stata prodotta nel giudizio di merito, la conclusione cui è pervenuto il G.d.P. risulta
conforme a diritto e la sentenza non va annullata, potendosene correggere la motivazione ex art.
385/IV c.p.c. nel senso non che difettasse la prova documentale dell’applicabilità al caso in esame
della deroga al disposto dell’art. 93/VII CdS posta dall’art. 98 CdS e dal D.P.R. 474/2001, ma che
di tale applicabilità difettassero, comunque, le condizioni poste da quest’ultima normativa.
La premessa in fatto dalla quale prendono le mosse l’originaria opposizione e l’odierno ricorso –
per la quale l’autovettura in questione legittimamente circolava in quanto coperta da targa-prova –
non corrisponde, infatti, alla realtà e ne è dimostrazione la constatazione che la stesa ricorrente non
sostiene che l’autovettura fosse “munita” o “dotata” di autorizzazione e targa-prova al momento del
fermo, né utilizza espressioni similari dalle quali desumere l’esistenza dell’autorizzazione a bordo
dell’autovettura o che detta targa fosse applicata al porta –targa posteriore o quanto meno si
trovasse all’interno dell’autovettura a quel momento, ma deduce solo che la targa fu “prontamente
esibita” agli agenti accertatori.
In effetti, come risulta all’esame degli atti, consentito a questa Corte in quanto chiamata ad
accertare un error in procedendo dedotto per violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., nel verbale n.
105548T – il cui contenuto non è stato contestato e che fa comunque prova sino alla querela di falso
(da ultimo, Cass. SS.UU. 17355/09), nella specie non proposta – è accertato che la targa prova non
era affatto applicata all’autovettura e neppure a bordo di essa, e che solo successivamente era stata
recapitata al conducente sul luogo della contestazione (donde il termine “esibita” utilizzato in
ricorso), dacché vi è precisa: “N.B. successivamente al confisco (o “contesto” o altro termine non
comprensibile – n.d.e.) il conducente telefonava e si faceva portare una targa prova ….”.
Ora, L’art. 1 del D.P.R. 24.11.01 n. 474 prescrive, al quarto comma, che l’autorizzazione alla
circolazione di prova “.. è utilizzabile per la circolazione di un solo veicolo per volta ed è tenuta a
bordo dello steso. Sul veicolo è presente il titolare dell’autorizzazione medesima o un suo
dipendente munito di apposita delega ovvero un soggetto in rapporto di collaborazione funzionale
con il titolare dell’autorizzazione, purché tale rapporto sia attestato da idonea documentazione e il
collaboratore sia munito di delega”, mentre il successivo art. 2 prescrive, al primo comma, che “Il
veicolo che circola su strada per le esigenze di cui al comma 1 dell’art. 1 espone posteriormente una
targa, trasferibile da veicolo a veicolo insieme con la relativa autorizzazione, recante una sequenza
di caratteri alfan umerici corrispondente al numero dell’autorizzazione medesima. … In tal caso di
omissione, si applicano le sanzioni previste dall’articolo 100, comma 13, del decreto legislativo 30
aprile 1992, n.
Emerge chiaramente, dal combinato disposto normativo testé riportato, che tanto l’autorizzazione
quanto la targa ad essa relativa devono trovarsi a bordo del veicolo (e la seconda deve anche essere
esposta) ed altrettanto chiara ne è la ratio che – con il prescrivere la limitazione della circolazione
ad un solo veicolo, cui in corso di essa riferire l’autorizzazione, così impedendo che in base alla
medesima autorizzazione circolino contemporaneamente più veicoli – intende non solo regolare il
regime dell’autorizzazione ma, soprattutto, questo coordinare con quello dell’assicurazione
obbligatoria.
Poiché, infatti, tale assicurazione è stipulata in correlazione con la singola autorizzazione alla
circolazione in prova e con la relativa targa-prova, solo la presenza dell’una e dell’altra a bordo
garantiscono la copertura assicurativa del veicolo durante l’uso, in quanto tale presenza esclude che,
in virtù della medesima autorizzazione e della medesima assicurazione, che coprono l’utilizzazione
di un solo veicolo per volta, possa contemporaneamente circolare altro veicolo.
Di converso, la mancanza del documento d’autorizzazione e della targa-prova a bordo del veicolo
integra gli estremi degli illeciti di circolazione con veicolo per il quale non è stata rilasciata la carta
di circolazione – non potendosi invocare l’autorizzazione in deroga per essere questa applicabile al
solo veicolo a bordo del quale si trovi il relativo documento e posteriormente al quale sia applicata
la targa-prova – e privo della copertura assicurativa; né rileva che la detta documentazione e la
targa-prova possano trovarsi nella sede o nella residenza del soggetto autorizzato piuttosto che a
bordo d’altro veicolo contemporaneamente in circolazione, dacchè il dettato normativo contempla
un illecito formale, di pura condotta, mirando non tanto a reprimere l’abuso effettivo
dell’autorizzazione con il comminare l a sanzione in relazione ad una fattispecie nella quale esso
siasi in concreto verificato, quanto piuttosto a prevenirlo con il comminare la sanzione in relazione
ad una fattispecie nella quale esso si presenti come possibile.
Ciò istante, pienamente legittimi risultano, come già ritenuto dal giudice a quo, i provvedimento
adottati dalla Prefettura di Messina nell’applicare le sanzioni pecuniaria e della confisca comminate
dall’art. 93/VII CdS escludendo potersi applicare, nel caso di specie, la disciplina della circolazione
in prova di cui all’art. 98 CdS e D.P.R. 474/2001.
Con un terzo motivo (erroneamente rubricato ancora con il n. 2), la ricorrente – denunziando
violazione e/o falsa applicazione delle norme di diritto in relazione agli artt. 13 e 21 della legge
24.11.1981 n. 689 – si duole che “
il veicolo de quo privo della obbligatoria copertura assicurativa pur in assenza di idoneo
accertamento in tal senso, ed in presenza della targa di prova tempestivamente esibita, ma ha anche
illegittimamente irrogato la sanzione accessoria della confisca (sequestro) ai sensi dell’art. 213
C.d.S. in assenza totale della preventiva obbligatoria procedura amministrativa prescritta dall’art.
21, comma 1, della legge n. 689/81 citata.”
Il motivo non merita accoglimento.
Anzi tutto, per sua inammissibilità, in quanto non contiene censure alla sentenza impugnata, ma
solo all’operato della Prefettura di Messina, ed in quanto, comunque, la questione, alla lettura della
stessa sentenza impugnata, non censurata ex artt. 112 e 360 n. 4 c.p.c. per omessa pronunzia sul
punto, non risulta dedotta nel giudizio di merito onde non può esserlo in quello di legittimità.
In secondo luogo, per manifesta infondatezza, in quanto la confisca risulta disposta ai sensi dell’art.
93/VII CdS per l’uso del veicolo senza carta di circolazione e targa proibita, fattispecie che non
prevede sanatorie di sorta, e non per la mancanza della copertura assicurativa ai sensi dell’art. 193
CdS e disposizioni richiamatevi.
Con un quarto motivo, rubricato sub n. 3, la ricorrente denunzia, in fine, la nullità della sentenza per
omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, giacché
“Nel motivare la sentenza de quo* il Giudice di Pace di Messina ha rigettando* il ricorso proposto
dalla U. spa facendo esclusivo riferimento al verbale n. 105548, senza fare menzione, né motivare il
rigetto del ricorso con riferimento alla ritenuta illegittimità del verbale n.
nel teso, n.d.e.).
Il motivo non merita accoglimento.
Come per il motivo precedente, neppure in questo caso dalla sentenza impugnata risulta che
l’opposizione avesse avuto ad oggetto, oltre all’ordinanza- ingiunzione prot. n. 640/2003, anche
altro provvedimento prefettizio.
Del pari, dunque, onde evitare una pronunzia d’inammissibilità del motivo per novità della
questione avrebbe dovuto la ricorrente anzi tutto idoneamente censurare la sentenza per omessa
pronunzia; il che non ha fatto.
Come ripetutamente evidenziato da questa Corte, infatti, l’omessa pronunzia, quale vizio della
sentenza, dev’esser fatta valere dal ricorrente per cassazione esclusivamente attraverso la deduzione
del relativo errori in procedendo e della violazione degli artt. 112 e 360 n. 4 c.p.c., non già con la
denunzia della violazione di norme di diritto sostanziale ex art. 360 n. 3 c.p.c. ovvero del vizio di
motivazione ex art. 360 n. 5 c.p.c., in quanto tali ultime censure presuppongono che il giudice di
merito abbia preso in esame la questione oggetto di doglianza e l’abbia risolta in modo
giuridicamente non corretto ovvero senza giustificare, o non giustificando adeguatamente, la
decisione al riguardo resa; d’altra parte, solo la corretta deduzione della doglianza ex artt. 112 e 360
n. 4 c.p.c., trattandosi di violazione di una norma processuale, pu&o grave; consentire al giudice di
legittimità l’esame degli atti del giudizio al fine di ver ificare la effettiva deduzione nel giudizio di
merito della questione la cui mancata considerazione da parte del giduice è dotta come motivo di
gravame nel ricorso per cassazione (Cass. 7.7.04 n. 12475, 14.2.06 n. 3190, 4.6.07 n. 12952).
Perché, poi, possa dirsi utilmente dedotto in sede di legittimità un vizio di omessa pronunzia, ai
sensi degli artt. 112 e 360 n. 4 c.p.c., è necessario, da un lato, che al giudice del merito fossero state
rivolte una domanda od un’eccezione autonomamente apprezzabili, ritualmente ed
inequivocabilmente formulate, per le quali quella pronunzia si fosse resa necessaria ed ineludibile,
e, dall’altro, che tali istanze siano riportate puntualmente – nei loro esatti termini e non
genericamente ovvero per riassunto del loro contenuto – nel ricorso per cassazione, con
l’indicazione specifica, altresì, dell’atto difensivo e/o del verbale di udienza nei quali l’una o l’altra
erano state proposte, onde consentire al giudice di verificarne, “in primis”, la ritualità e la
tempestività ed, in secondo luogo, la decisività delle questioni prospettatevi; ove, infatti, si deduca
la violazione, nel giudizio di merito, delle citate norme processuali, riconducibile alla
prospettazione di un’ipotesi di error in procedendo per il quale
anche del “fatto processuale”, detto vizio, non essendo rilevabile d’ufficio, comporta pur sempre
che il potere dovere del giudice di legittimità di esaminare direttamente gli atti processuali sia
condizionato, a pena d’inammissibilità, all’adempimento da parte dl ricorrente, per il principio
d’autosufficienza del ricorso per cassazione, che non consente, tra l’altro, il rinvio per relationem
agli atti della fase di merito, dell’onere di indicarli compiutamente, non essendo legittimato il
suddetto giudice a procedere ad una loro autonoma ricerca ma solo ad una verifica degli stessi (…).
Di tutto ciò non è traccia nel motivo in esame.
In definitiva, nessuno degli esaminati motivi meritano accoglimento, il ricorso va, dunque, respinto.
Parte intimata non avendo svolto attività difensiva, la ricorrente evita le conseguenze della
soccombenza.
P.Q.M.
(omissis)